Ennesimo omicidio maturato nell’ambito del contesto familiare e che ha per protagonista un uomo appartenente all’arma dei carabinieri e, in quanto tale, detentore di un’arma che non ha esitato ad utilizzare per indirizzare un colpo verso il padre, al culmine di una lite.
Si tratta di un sottufficiale dei carabinieri di 43 anni, in servizio alla compagnia di Catania che ha ucciso il padre nel corso di una lite avvenuta in auto, nei pressi del casello autostradale di Mercato San Severino nel salernitano.
Sembra che tra i due fosse in corso una lite quando il carabiniere ha estratto l’arma e ha sparato contro il padre 73enne. I due erano soli in auto.
L’uomo è stato arrestato dai carabinieri del Nucleo Investigativo di Salerno senza opporre alcuna resistenza, adesso dovrà rispondere all’accusa di omicidio.
Una costante che si ripete e che rilancia l’attendibilità di un pericoloso connubio: quello tra l’esponenziale insorgenza di suicidi ed omicidi e i detentori di armi da fuoco appartenenti alle forze dell’ordine. Un quadro psicologico sempre più difficile da delineare per consentire la tempestiva distinzione tra un “sano” servo dello Stato e un potenziale killer pronto ad uccidere.
Un dato di fatto oggettivo, però, emerge dai “numeri” che sentenziano che il suddetto fenomeno si registra con allarmante frequenza tra le mura domestiche di uomini che ricoprono cariche che legittimano il possesso di un’arma. Senza contare i suicidi di parenti che, consapevoli della presenza in casa di quell’arma, se ne servono per togliersi la vita.