Morta a 42 anni per l’indisponibilità di una sala operatoria: questo è il tragico verdetto che scrive l’ennesima brutta pagina di malasanità in Campania.
È successo ieri a Napoli, a perdere la vita una 42enne napoletana, Francesca Napoletano, morta in circostanze ancora tutte da verificare, dopo un ricovero all’ospedale San Paolo e una corsa disperata al Monaldi. Una morte finita al centro dell’ennesima inchiesta per omicidio colposo, che proprio in queste ore sta facendo registrare sviluppi significativi: cinque i medici iscritti nel registro degli indagati, chiamati a difendersi e ad offrire la propria versione dei fatti nella ricostruzione di quanto accaduto la notte tra l’otto e il nove marzo scorsi. Al momento, l’attenzione della Procura di Napoli è interamente concentrata sull’ospedale San Paolo, ma non è escluso che nelle prossime ore ci sia una valutazione diversa da parte degli inquirenti.
E anche il ministro Lorenzin preannuncia l’invio di un ispettore chiamato a districare i nodi che ingarbugliano l’ennesimo caso di malasanità costato la vita ad una giovane donna.
Lunedì mattina il conferimento degli incarichi per gli accertamenti irripetibili alle 12 in Procura, mentre l’autopsia sul corpo della donna è prevista per martedì alle nove al secondo policlinico. Stando a quanto emerge dalla prima ricostruzione dei fatti, la donna è arrivata al San Paolo lo scorso lunedì sette marzo, dopo aver accusato un malore. Accompagnata in ospedale dai genitori, Francesca Napoletano viene ricoverata intorno alle 14, come «codice verde», a dimostrazione del fatto che la paziente non viene ritenuta un caso particolarmente critico. Altro aspetto che i parenti della donna hanno chiesto di verificare riguarda invece la soluzione che viene adottata nel corso della degenza: la paziente viene messa su una barella dalle 14 alle 18.15 quando viene visitata per la prima volta, in un crescendo di rimostranze da parte del marito, evidentemente preoccupato per le fitte lancinanti sofferte dalla moglie in diverse parti del corpo.
Se si sia trattato di una fatalità al cospetto della quale i medici non avrebbero potuto fare nulla o di una tragedia evitabile, lo stabiliranno le indagini in corso.
«Imparate a campare che a muri’ nun ce vo’ niente». Questa la frase incisa nell’ultima foto postata su Facebook da Francesca e che oggi, in virtù del tragico destino che ha segnato per sempre la sua vita, assume ben altra accezione di senso, vestendo delle emozioni ben più dolorose.