È trascorso poco più di un mese dal terribile ritrovamento del corpo di Giulio Regeni in un fossato alla periferia della capitale egiziana, e, ad oggi, non abbiamo ancora notizie certe del perché della morte del nostro connazionale.
Abbiamo assistito a depistaggi, abbiamo ascoltato false notizie, ma la verità pare sia ancora lontana. In realtà possiamo asserire che non c’è una vera collaborazione fra gli investigatori del Cairo e la squadra di poliziotti e carabinieri inviati dai pm di Roma con una precisa delega della procura della Repubblica che indaga sull’omicidio Regeni.
A dare l’ultima verità, questa volta è l’avvocato Doaa Mustafa, esperta di diritti umani. La donna ha infatti raccontato un fatto particolare mediante le pagine web del sito Albidaya, voce dei rivoluzionari. Secondo quanto scritto nell’articolo, il caso del 28enne friulano avrebbe un antecedente molto simile. Si tratterebbe insomma di una vicenda, che ha analogie talmente evidenti con il caso Regeni da sembrare quasi seguire un macabro copione già sperimentato.
L’avvocato Mustafa, ha fatto riferimento alla storia di Mohamed Al Jundi, attivista 28enne dell’area popolare, desaparecidos da piazza Tahrir il 25 gennaio 2013. Stessa dinamica per i due coetanei: Mohamed è stato ritrovato in fin di vita sul bordo della strada. Anche il luogo dunque è quasi lo stesso.
Al Jundi è stato ritrovato con evidenti segni di tortura in tutto il corpo: per la polizia si è trattato di un incidente stradale. Caso archiviato. Così come avrebbe dovuto essere anche quello di Regeni, ricordando a tal proposito le parole di Khaled Shalabi, dirigente della squadra investigativa di Giza, che, interrogato sulla morte dell’italiano avrebbe detto “Nessun sospetto di crimine, è un incidente stradale“.
Effettivamente, risultano non poche analogie nei 2 casi, ad ogni modo non abbiamo alcuna certezza al momento, se non quella relativa alle risposte delle autorità egiziane: “nessun coinvolgimento di agenti di sicurezza egiziani nell’omicidio Regeni“.
Nel frattempo però giunge la notizia di una circolare fatta passare in tutti i commissariati della nazione dopo la morte del ricercatore italiano: in questo comunicato si invitano le varie sedi a informare l’apparato centrale al momento di un arresto di straniero su suolo egiziano.
Insomma, l’Egitto continua a negare, e l’Italia resta ancora inerme dinnanzi a tutto ciò, mentre la mamma e il papà di Giulio sperano ancora in un gesto forte di Renzi che tarda ad arrivare.