Puniti i furbetti della Questura di Rovigo, che, durante le ore di lavoro notturno, dormivano sonni tranquilli in ufficio o nelle macchine di servizio invece di pattugliare il territorio ed eseguire i controlli anticrimine.
Il caso era scoppiato nel 2008, quando ventidue agenti della squadra mobile di Rovigo, invece di essere in giro di notte per pattugliare la città, dormivano in ufficio o nelle vetture di servizio. La Cassazione ha così confermato le condanne a carico dei ventidue agenti messi sotto inchiesta dal loro stesso capo e dal questore Amalia Di Ruocco.
Il 7 novembre 2014, la Corte di Appello di Venezia aveva inflitto pene tra i dieci mesi e i due anni e sette mesi di reclusione. Pene ora tutte sospese, con il beneficio della non menzione. Il verdetto della Cassazione però è stato depositato proprio ieri: le accuse, a vario titolo, sono di truffa e falso e, in alcuni casi, anche di abbandono del posto di servizio per fatti che sono accaduti dal 3 gennaio al 5 marzo del 2008.
Decisive a tal proposito furono le intercettazioni nelle macchine e negli uffici. Secondo i giudici della Cassazione le linee difensive degli avvocati degli agenti sono “grottesche” e “assurde”. Dal fatto che, per motivi di privacy, le auto di servizio non si potrebbero intercettare senza il permesso dei sindacati di categoria, a quello che capo della Mobile e Questore dovevano essere inquisiti perché, con le indagini in corso, facevano finta di niente.
“L’abitacolo di un autoveicolo privato non può essere considerato luogo di privata dimora” bensì “è il luogo di lavoro, non solo per chi vi si trova al momento della intercettazione, ma anche per chi, pur non presente in esso, sta coordinando il servizio” si legge nella sentenza.
“Sostenere che la intercettazione sul luogo del lavoro debba essere effettuata con il benestare delle associazioni sindacali sarebbe affermazione al limite del grottesco” prosegue. Secondo i giudici è “al limite della provocazione” il fatto che il capo della mobile e il questore andavano inquisiti: “Stavano adempiendo al loro dovere in virtù della delega conferita dal pm”.