La salma di Giulio Regeni è arrivata nel primo pomeriggio di ieri a Fiumicino con un aereo dell’Egyptair, sotto scorta della polizia. Le circostanze della morte del ragazzo sono ancora da chiarire. Troppi misteri, troppe lacune, troppi interrogativi da chiarire intorno alla ricostruzione fornita dalle autorità egiziane.
È morto per un colpo ricevuto in testa, Giulio: questo è quanto emerso dell’autopsia sul corpo del giovane, avvenuta poco dopo il rientro della salma in Italia. Molte le lesioni sulla testa, una quella mortale. L’equipe di medici legali coordinati da Vittorio Fineschi, ha riscontrato sul giovane i segni di un violento pestaggio e numerose abrasioni e lesioni. Sulle parti sporgenti del volto di Regeni, in particolare, sono evidenti alcune contusioni. Tracce di bruciature, invece, non sarebbero state individuate. Il cadavere è stato sottoposto ad una tac, ad un esame tossicologico ed a radiografie. L’esame autoptico sul cadavere del giovane conferma, in parte, i primi risultati di quello eseguito in Egitto. Il corpo di Giulio Regeni era arrivato a Roma poco dopo le 13,40, all’aeroporto di Fiumicino sull’aereo di linea della Egypt Air proveniente dal Cairo. Ad attendere allo scalo romano il ministro della Giustizia Andrea Orlando che ha accolto i suoi genitori.
Ma, chi ha ucciso Giulio?
In Egitto, due sospettati sono stati interrogati e poi fermati per l’omicidio di Giulio. Si tratterebbe di pesci piccoli nel giro della piccola criminalità comune. “Nulla che abbia a che fare con la politica o con il terrorismo” dicono, a riguardo del movente, fonti del ministero degli interni egiziano. Pertanto, la magistratura italiana adesso si vede costretta a decidere se accettare l’ipotesi egiziana che allontana ogni movente politico nella morte di Giulio oppure assumersi l’onere di una crisi diplomatica.
Che la morte di Giulio sia una scomoda gatta da pelare appare lampante. Le ragioni della morte di Giulio, risulta sempre più chiaro che siano da cercare nel suo lavoro di ricercatore, nelle sue idee, nella sua rete di rapporti con l’opposizione politica e sindacale al regime. Che, non a caso, archivia la faccenda come un caso di criminalità comune. Eppure, Giulio Regeni non è uno studente qualunque. Uno studioso dei movimenti di opposizione in Egitto. Ha contatti con i nemici del regime. Conosce i loro nomi e cognomi, le strategie, la rete. In parte le aveva raccontate in un articolo pubblicato il 14 gennaio sul sito “Nena News” con uno pseudonimo e ripubblicato ieri a sua firma da Il Manifesto nonostante la diffida della famiglia.
“In un contesto autoritario e repressivo come quello dell’Egitto dell’ex-generale al-Sisi, il semplice fatto che vi siano iniziative popolari e spontanee che rompono il muro della paura rappresenta di per sé una spinta importante per il cambiamento “: il movente potrebbe essere contenuto proprio in queste parole.
Ecco perché è morto Giulio, ma questo rischiamo di non poterlo mai affermare a voce alta.