La follia di Paolo Pietropaolo, culminata in quell’estremo gesto che ha messo a repentaglio la vita di quelle che dovrebbero essere le donne più importanti della sua vita: la sua compagna e sua figlia, e conclusasi contro un guard rail a ridosso del ponte sul Garigliano.
Sconvolto, confuso, aveva ingerito poco prima diverse pillole, certamente in un dosaggio superiore rispetto a quello consentito, da tempo l’uomo ne usufruiva per attenuare la depressione. Spiegherà qualche ora dopo: «Ho tentato di uccidermi in quel modo, ho capito subito di aver fatto una cazzata». Nella caserma dei carabinieri di Formia, la confessione, i ricordi, le sequenze della tormentata relazione con Carla Caiazzo.
E l’ammissione piena di aver compiuto un gesto che non ha scusanti: quella bottiglietta di alcol svuotata sul corpo di lei, l’accendino per darle fuoco. Il tentato omicidio. Nello stesso momento, ai carabinieri di Pozzuoli l’unico testimone dell’aggressione, il vigilante Gennaro Tassieri vicino di casa della famiglia Pietropaolo, raccontava: «Stavo andando in piscina, quando ho visto lui che prendeva a pugni lei. Ho cercato di liberarla, ma non ci riuscivo. Poi, l’ho scaraventato lontano. Tutto è successo in pochi attimi. Ho visto che ha preso una bottiglietta di alcol dalla macchina e l’ha svuotata addosso a lei, poi ha fatto fuoco con un accendino. Non so come non sono stato anche io investito dalla fiammata». Carla ripeteva al suo soccorritore, che conosceva di vista, «mi hai salvata, ci hai salvato» riferendosi anche alla figlia che portava in grembo. Mentre Paolo Pietropaolo fuggiva sulla sua auto Nissan, il vigilantes ha tentato, in maniera convulsa, di aiutare Carla a spegnere le fiamme. Prima con una coperta, poi con una pompa attaccata alla fontanina dell’acqua utilizzata dai giardinieri del parco.
Quegli attimi Paolo non è riuscito a descriverli con lucidità, al magistrato e ai carabinieri ripeteva soltanto: «È stato un gesto d’impulso, la bottiglietta era nel garage tra gli attrezzi. Non sono mai stato violento con lei prima. In macchina, mi sono subito reso conto di quello che ho fatto. Spero che si salvi». Quando ha visto il suo avvocato, Paolo ha chiesto subito: «Come sta, Carla? Ho fatto una cosa tremenda». Poche parole, per sapere che la donna, conosciuta quando aveva solo tredici anni, il suo agitato amore di una vita, era grave e lottava contro la morte. È scoppiato a piangere, ma in lacrime non ha mai chiesto di Giulia Pia, la sua bambina che i medici del Cardarelli erano riusciti a far nascere poco prima. Rimossa, o dimenticata, in una frenetica agitazione. L’interrogatorio, dinanzi al pm di Cassino, Roberto Bulgarini, e alla presenza dei carabinieri di Pozzuoli e Formia, è durato due ore e mezza. Tutto audio registrato, con continue pause e interruzioni. Paolo Pietropaolo aveva bisogno di riprendere fiato di continuo. E ripeteva, a scatti: «La amo, la odio…la amo, la odio». Il suo pensiero era Carla, passione insana per un uomo in preda da tempo a depressioni e irascibilità. Ha raccontato: «Ho tentato di suicidarmi quattro mesi fa, in una pineta a Castel Volturno. Mi hanno salvato dei ragazzi. Prendo anti-depressivi per dormire. Non sto bene e sapere che, nonostante attendessimo una figlia, lei continuava a vedere un altro mi faceva stare ancora più male».
Una presenza non presenza: un altro uomo, sempre di Pozzuoli e sposato con tre figli, che lei aveva cominciato a frequentare dal 2009. Paolo ha messo a verbale: «Aveva voluto un figlio con me, ma non lasciava perdere quell’altro. La nostra discussione è nata proprio su questo. Ho perso la testa, mi è scattato all’improvviso qualcosa».
Una vita al limite, nella convivenza con la famiglia d’origine: tutti insieme, nel villino di via Vecchia delle Vigne. Tutti insieme, la sorella separata Annamaria con la figlia, il fratello Domenico con la convivente e il figlio, la mamma Giuseppina e lui, Paolo, che aveva una dependance nella villa dove, negli anni, restava qualche giorno con Carla. Il nodo era sempre quella presenza: l’altro. Ma l’altro non è stato mai bersaglio di parole risentite, nell’interrogatorio di Formia. È Carla il centro di tutto. Paolo ha ricordato il suo tentativo, fallito, di avviare un negozio di sigarette elettriche nella piazza di Pozzuoli. Poi, ha spiegato come, negli ultimi tempi, aveva cominciato ad occuparsi di vendita di oggetti trattati nelle merceria della mamma di Carla.
Ed è ancora lei a tornare nelle parole del verbale: «L’abbiamo voluta insieme la figlia, io credevo in una vera famiglia. Lei mi ha allontanato, non voleva saperne…In questi momenti difficili, ho avuto accanto mia sorella». Non molto tempo fa, Paolo aveva contattato uno psicologo. Cercava aiuto, ma non aveva i soldi necessari per una terapia. E ha dovuto lasciare andare il suo desiderio di assistenza psicologica. Ogni tanto, non lo ha negato, si rifugiava in qualche dose di droga. Ma nulla rispetto al passato, quando era stato costretto a rivolgersi più volte al Sert per uscire dalla dipendenza. Senza differenze, cocaina e a volte anche eroina. E Carla, naturalmente, non poteva giustificarlo.
«Non avevo intenzione di uccidere Carla…dopo averle dato fuoco, non l’ho nemmeno investita nonostante avessi potuto».
Ma poi, l’aggiunta successiva esprime quel rapporto di odio-amore, la relazione malata e ormai ossessiva che Pietropaolo aveva con Carla: «Avevo intenzione di sfregiare il viso di Carla che è una ragazza molto bella». Sfregiarla e spegnerle il sorriso, la bellezza, una parte della vita. Renderla inoffensiva verso quello che Pietropaolo considerava un tradimento: la relazione contemporanea con un altro. Un uomo sposato e separato con tre figli. Nessuna intenzione di uccidere, ma sfigurarla, renderla un fantasma.
Il pensiero della bambina, che nasceva dopo otto mesi di gestazione in quelle stesse ore, non sfiora minimamente Pietropaolo. «Non avevo intenzione nemmeno di riconoscere la bambina, non sentendola mia»: Una frase enigmatica, che aveva bisogno di un’aggiunta per essere compresa in pieno. Aggiunta e precisazione che Pietropaolo non ha disdegnato di affidare al magistrato: quella figlia, che Carla voleva proprio da lui, era stata ottenuta con l’inseminazione artificiale.
Amore e odio, in una relazione ormai inquinata dall’ossessione e dalla depressione di lui. Un amore malato che rischia di spegnere l’ennesima vita solare ed inconsapevole di essere esposta ad un rischio simile.