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La Repubblica napoletana del 1799: le verità taciute

Redazione Napolitan di Redazione Napolitan
30 Gennaio, 2016
in Da Sud a Sud, In evidenza
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La Repubblica napoletana del 1799: le verità taciute
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1799_2Il 20 gennaio 1799, poche decine di giacobini entrati «sotto vari pretesti e finti nomi» (Cuoco) all’interno di Castel S. Elmo al Vomero, issarono la bandiera francese inviando all’esercito transalpino, che assediava Napoli, una ambasciata, col consiglio di puntare verso Capodimonte, per conquistare più facilmente la città.

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Il 22 gennaio l’esercito francese tentava l’assalto da vari punti, ma davanti gli si parava un popolo fiero, che anche se male armato, disorganizzato, si batteva con disperato eroismo, tanto da suscitare l’ammirazione degli stessi alti ufficiali francesi (oltre a quella, successiva, di Mazzini e di Togliatti, noti neoborbonici…).

 

Solo il tradimento dei giacobini, che dal castello che domina dall’alto la città cannoneggiarono alle spalle il popolo napoletano che si difendeva, poté piegare la resistenza della città «meno avvilita dai francesi che indispettita contro coloro ch’essa considerava – non senza ragione – traditori» (Cuoco, Saggio storico). Dopo un’aspra lotta che costò al popolo napoletano migliaia di caduti, la resistenza napoletana fu stroncata. Lo stesso generale francese Championnet, che il 23 gennaio invadeva Napoli con la sua armata, pare dicesse, ammirato: «Les Lazzarons, ces hommes étonnants… son des héros!» («I Lazzaroni, questi uomini meravigliosi… sono degli eroi!»).

 

I giacobini ‟osannati” dalla versione ‟ufficiale” si macchiarono in realtà del massacro di almeno 60.000 regnicoli secondo le stime dello stesso esercito francese (cfr. le Memorie del gen. Thièbault), e del connivente saccheggio di denaro ed opere d’arte della «Nazione napolitana» (Cuoco): «appartengono alla Repubblica francese tutti i tesori del Paese, i musei, le biblioteche, tutto ciò che giace ancora sotto gli scavi di Pompei ed Ercolano» (Editto del gen. Faypoult del 3 febbraio 1799).

 

Per non tacere il fatto che personaggi legati in qualche modo alla Repubblica filofrancese come Luisa de Molina (in Sanfelice) tutto erano tranne che persone di alte passioni politiche e filosofiche (e questo solo per citare il personaggio più noto)… O addirittura le contraddizioni evidenti in cui cade certa retorica che marchia con disprezzo i difensori della Patria napolitana, ma esalta, con incredibile incoerenza, personaggi come ‟Pagliuchella” (Antonio D’Avella) o Michele ‘o pazzo (Michele Marino) capi-lazzari che, ‟inebriati‟ dal ‟trattamento” di favore ricevuto da Championnet e dalla Repubblica (oltre che da una borsa di ben 200 ducati), si votarono ex abrupto alla Repubblica!

 

Ora, una certa politica, o per mancanza di cultura storica, o per quella mancanza di coraggio di servirsi della propria intelligenza senza essere guidati dalla vulgata, celebra i nemici di Napoli e del popolo napoletano.

Scusate, ma cosa celebrate, un esercito straniero, invasore e rapace, che ha massacrato migliaia e migliaia di persone?

 

Fondamentalmente la lettura che ne abbiamo risente di quella che diede Benedetto Croce (‟adottato” dai controversi – filosavoiardi – fratelli Spaventa), massima espressione di quella cultura liberale, protagonista assoluta del cosiddetto risorgimento piemontese, che considerò i filogalli della Repubblica, una sorta di precursori di quel risorgimento, in una visione tipica di quell’hegelismo di cui fu esponente.

 

Come se la Storia avesse un ‟destino‟ da compiere, una meta a cui giungere nella sua ‟realizzazione” dello Spirito…

 

Giudicate voi!

 

Né scompariva, come a volte si dice, la classe dirigente repubblicana. Molti di coloro che furono protagonisti di quelle vicende andranno ad occupare i principali ruoli di amministrazione della Napoli borbonica dopo il 1815.

Giusto pochi nomi: Nicola Nicolini, Vincenzo Cuoco (confermato nel suo ruolo, ma ritiratosi per i gravi problemi di salute che lo colpirono sin dal 1784), Fabrizio Ferri, Nicola Celentano, Ferdinando Visconti, Luigi de Medici, Francesco Casavola, Giuseppe Abbamonte, Raimondo Grimaldi, ecc. ecc. e mi fermo qui per necessità di sintesi. Quindi, delle due, l’una: o certi ‟neogiacobini” non conoscono la storia o mentono sapendo di mentire. E la seconda ipotesi comunque non esclude la prima. Prima di lanciarsi in affermazioni “storiche” imprecise o discutibili, forse occorrerebbe un sano esame di coscienza (e di onestà intellettuale )…

 

In una sorta di ‟transfert‟ più o meno consapevole, spesso si trasfigura la Repubblica del 1799 in una sorta di repubblica ‟socialisteggiante”, sebbene nella realtà storica la sua politica economica fosse orientata in senso chiaramente liberista.

 

La Repubblica napoletana del 1799 è,  con i suoi pro e i suoi contro, espressione della grande vivacità culturale ed intellettuale della Napoli capitale, che annoverava (ed annovera) posizioni molto diverse e variegate.

 

“Imporla” di “autorità” come “pensiero unico”, unica espressione (presunta) “legittima” del Pensiero e della Storia della città non è solo un enorme errore storiografico, ma, secondo me, un grave atto politico.

 

Io posso solo suggerire una serena e sincera lettura della storia, libera da retorica, schematismi ed incrostazioni ideologiche.

Tags: . napoli1799giacobinilazzariLuisa Sanfelicenazione napolitanarepubblica napoletanaVincenzo Cuoco
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