La Corte europea dei diritti umani ha condannato lo Stato italiano a risarcire più di 350 cittadini infettati da vari virus (Aids, epatite B e C) attraverso delle trasfusioni di sangue infetto che hanno effettuato durante un ciclo di cure o un’operazione. Il totale dei risarcimenti supera i 10 milioni di euro.
Per quanto riguarda le colpevolezze riconosciute, per la Corte, l’Italia ha violato gli artt. 2 (diritto alla vita), l’art. 6 comma 1 (diritto ad un equo processo) e 13 (diritto a un risarcimento effettivo), della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali.
Stando ai dati, infatti, finora in Italia, soltanto 6mila contagiati hanno ricevuto un risarcimento dallo Stato e non è la prima volta che la Corte di Strasburgo bacchetta il Belpaese per lo scandalo del sangue infetto: in realtà, le vittime di trasfusioni con sangue infetto, avvenute tra gli anni ’70 e gli anni ’90, sono circa 120mila, mentre la sentenza attuale riguarda solo parte degli 800 che si sono messi insieme per presentare ricorso, una “causa pilota”, come ha spiegato a La Repubblica l’avvocato Paola Perrone, “attorno alla quale sono stati riuniti gli altri ricorsi in materia presentati sul territorio nazionale”.
Si tratta quindi di una lunga battaglia giudiziaria per ottenere il risarcimento iniziata alla fine degli anni ’90. Con due leggi del 2007, lo Stato italiano aprì la procedura transattiva per il risarcimento dei danni e le domande di transazione furono presentate nel gennaio 2010. Tuttavia il Decreto ministeriale 162/2012 escluse, di fatto, la maggior parte dei partecipanti dalle transazioni. Da qui il ricorso dell’Associazione talassemici di Lecce alla Corte Europea di Strasburgo, che nell’aprile 2014 dichiarò la causa intrapresa dai salentini `causa pilota´.
«Una vittoria faticosa, ma dedicata alla salute dei cittadini e al futuro della sanità pubblica – queste le parole dell’avvocato Perrone – siamo felici di esser stati i primi in Italia e gli unici in Puglia ad aver creduto nella Corte di Strasburgo».