Sul capo di Partenope torna ad aleggiare la paura insita nel pericolo rappresentato dai crolli dei palazzi.
Cemento che si sfalda come biscotti, palazzi, pezzi di intonaco e cornicioni che tramortiscono al suolo, generando incredulità e timore.
È successo stamane. Ancora. Di nuovo.
È crollata l’Università.
Le due palazzine della Facoltà di Veterinaria della Federico II si sono letteralmente sbriciolate alle 13.24 di oggi, davanti agli sguardi impotenti dei presenti sul posto.
Nelle tre ore precedenti, tutti avevano osservato i due palazzi della Facoltà di Veterinaria che lentamente si deformavano, le finestre che si sgretolavano e le mura che si spaccavano prima del boato. Prima dell’irrecuperabile tonfo. E’ successo al centro di Napoli, in via Santa Maria degli Angeli, alle spalle dell’Orto Botanico.
Nessun ferito. Stavolta, nessuno si è fatto male. La strada è stata prontamente chiusa al traffico.
Dati e strumentazioni che costituiscono il pane quotidiano dei ricercatori che quotidianamente svolgono il loro lavoro all’interno degli edifici sono finiti in macerie, insieme ai palazzi. Cause.
I due edifici polverizzati sono il palazzo della Presidenza universitaria (risalente agli anni ’70) e quello del dipartimento di Parassitologia (costruito negli anni ’60), che ospitava uffici e laboratori dei ricercatori.
Illesi, invece, il Convento cinquecentesco di Santa Maria degli Angeli e la Casa dello Studente, degli anni ’30, attualmente non utilizzata.
Secondo le spiegazioni fornite dagli Uffici Tecnici comunali, «a causare il crollo è stato un cedimento del sottosuolo. Si è cioè formata una voragine in una zona interna all’Università, che ha interessato i due edifici. Sono in corso ulteriori accertamenti per verificare le cause del cedimento. Sicuramente la voragine si è formata a causa di un vuoto sottostante o perché c’è un dilavamento di acqua piovana o fognature, anche se una prima verifica ha escluso per ora infiltrazioni fognarie». Nei prossimi giorni, le motivazioni del crollo saranno ulteriormente approfondite.
Palazzi fatiscenti, obsoleti, che non possono essere frettolosamente relegati nella spicciola definizione di “antichi” e che, una crepa dopo l’altra, un tonfo dopo l’altro, consegnano un monito, imprescindibile e perentorio, che non può essere ulteriormente ignorato.