Quando muore un’icona, soprattutto se portatrice sana di stile, eleganza e femminile sensualità, è sempre difficile trovare le parole più appropriate alle quali consegnare una commemorazione degno di quel talento.
Il mondo della moda piange la scomparsa di Mariuccia Mandelli, in arte Krizia. La stilista bergamasca che da oltre 60 anni aveva mostrato uno dei tratti più distintivi ed originali della creatività e della moda italiana nel mondo, è morta all’età di 90 anni, alle ore 21 del 6 dicembre nella sua casa di Milano colta da un malore. Il marito Aldo Pinto, da 50 anni fedele compagno e brillante sparring partner delle creazioni di Krizia, sposato nel 1965 in Giamaica, le è rimasto accanto fino all’ultimo istante.
Una storia tutta italiana quella di Mariuccia Mandelli, di quel laborioso ed instancabile Nord che incarna il sogno del miracolo economico nel dopoguerra, della conoscenza e del sapere alla base della crescita industriale, dello stile dirompente nell’epoca dei grandi cambiamenti sociali e culturali degli anni sessanta/settanta.
Fin da ragazzina coltiva quella passione che nel corso degli anni ha saputo tramutare nel suo lavoro. Il papà dissipa il piccolo patrimonio familiare giocando a carte, mentre lei rimane lontana dalle bombe alleate vivendo la sua infanzia a Bergamo e cominciando a “vestire” con abiti ideati da lei le sue bambole. Poi il trasferimento a Milano post ’45 e la scelta obbligata di un concorso di stato per diventare maestra visto che l’università di Ca’ Foscari a Venezia è troppo esosa. Tremila concorrenti, cento gli ammessi. Mariuccia diventa maestrina e fa la pendolare. Milano-Cassano d’Adda ogni mattina “per pagarsi l’università in Svizzera”, raccontò in una delle sue tante interviste. Di lì a poco, insieme ad un’amica, apre una sartoria a Milano.
Vende i “suoi” vestiti ai negozi, poi una fotografa della rivista Grazia, Elsa Haerter, si innamora delle sue creazioni e lentamente il suo nome inizia a girare tra le vetrine che contano.
Agli albori la sua impronta fashion è caratterizzata dai contrasti, dal bianco e nero, dalle tonalità che si scontrano e fanno scintille di colore all’occhio, di fronte allo status quo di un’immagine dell’abito femminile ancora molto imbolsito e rigido modello anni cinquanta.
Poi, sul finire degli anni sessanta, comincia a disegnare le hot pants e propone per prima in Italia, lei ha sempre affermato “in contemporanea” con Mary Quant, la minigonna. Abbastanza lontana dall’evanescenza delle grandi passerelle, Krizia non disdegna però creazioni di pret a porter più ambiziose. Gli anni ottanta la vedono al top con la linea delle maglie dedicate agli animali. “Ho sempre fatto animali molto ironici, il leone ubriaco con il sigaro in bocca, le orse vanitose con collane e orologi”, spiegò la stilista ricordando che quelle maglie erano finite addosso a Marella Agnelli e lady Diana.
Negli anni ottanta, al massimo del suo fulgore imprenditoriale, Krizia disegna una linea di moda per uomo e nell’88 diventa “commendatore” insieme a Giorgio Armani e Valentino, con tanto di spilla premio regalata da Cossiga.
Gioie e dolori, segnano quegli anni: Krizia finisce anche nelle inchieste di Mani Pulite che coinvolgono l’alta moda milanese a metà anni novanta. Assieme ad altri stilisti, prima viene condannata per corruzione della Guardia di Finanza, con l’accusa di aver pagato tangenti da 300 milioni di lire; poi in Appello viene ribaltato l’impianto accusatorio dei pm milanesi e viene scagionata in quanto vittima di “concussione” da parte della stessa Finanza.
A fine febbraio 2014 l’annuncio via web del cambio di guardia al vertice della sua impresa: Krizia cede il testimone alla Shenzen Marisfrolg Fashion.
“Ho deciso per un motivo ben preciso”, dirà la stilista bergamasca. “Dare un seguito al mio lavoro. Ho avuto diverse possibilità di scelta, ma l’incontro con Zhu Chong Yun e l’intesa con questa donna sono stati determinanti”. Lucida e determinata, a cavallo dei 90 anni Krizia non si è mai tirata indietro di fronte al naturale avvicendarsi delle nuove generazioni: “Il futuro è dei giovani, presto appariranno sulla scena parecchi nomi nuovi e finirà questa oligarchia della moda. Ma, attenzione, se noi siamo ancora qui significa che non abbiamo smarrito il genio e che in giro, tra i possibili emergenti, ci sono troppi presuntuosi e troppi arroganti. E pochissima umiltà”.
Fonte: il fatto quotidiano