È una realtà alla quale si fatica terribilmente a credere quella emersa nel corso di ”Storiacce” la trasmissione radiofonica di Raffaella Calandra in onda su Radio 24 legata ad un’inchiesta sui matrimoni “combinati” per sancire alleanze di ‘ndrangheta tra varie cosche.
Questo è quanto traspare dagli atti di un’inchiesta della Procura di Reggio Calabria: una combine tra una 13enne ed un uomo molto più grande per tentare di “unire gli affari” delle famiglie di ‘ndrangheta Coluccio e Commisso sulla zona jonica reggina.
A “forzarla” – scrivono in un decreto di fermo contro 49 persone i pm Antonio de Bernardo e Paolo Sirleo, coordinati da Nicola Gratteri – sono proprio i genitori, a cominciare dalla madre”. Una storia aberrante, terribile e che di certo non appartiene ad una cultura moderna, occidentale e “legale”.
Una storia che annulla l’emancipazione femminile, oltre che quella culturale ed ideologica dell’umanità tutta.
Storie come questa, solitamente vengono associate a realtà lontane dalla nostra vita, quelle che etichettiamo come “appartenenti a un’altra cultura”. Invero, la cultura non ha proprio nulla da spartire con vicende e dinamiche simili, bensì è quanto di più lontano e lontanamente accostabile all’essenza più intrinseca e saliente della cultura.
La criminalità organizzata, in tutte le sue forme, idiomi ed ideologie portanti, non viaggia mai di pari passo con la cultura e le brutture, gli orrori e le brutalità che si rivela in grado di generare, lo comprovano. In maniera tanto agghiacciante quanto inequivocabile.
I matrimoni combinati, la tratta delle donne che si vedono costrette a vestire gli abiti delle schiave, adolescenti derubate della loro innocente e smaliziata spensieratezza, l’arrivismo, cinico e spietato, della mente criminale che pur di perseguire i suoi intenti e ricalcare i suoi interessi, si dimostra pronta a tutto e a sopraffare tutto e tutti: questa vicenda racchiude ed esibisce le gesta più mortificanti e riprovevoli di cui l’essere umano può e sa rendersi artefice.