Di recente, alle porte della periferia Est di Napoli, una prostituta è stata protagonista di una notte da incubo per merito di due giovani che dopo aver consumato un rapporto sessuale, non solo si sono rifiutati di corrispondere alla donna la cifra richiesta per la prestazione, ma l’hanno malmenata e derubata e poi trascinata per diversi chilometri mentre si allontanavano in sella ad uno scooter.
La donna è stata soccorsa dalle colleghe che ogni sera popolano la zona di via Galileo Ferraris, a ridosso del famigerato ponte, luogo emblema della prostituzione alle porte di Napoli, nonché epicentro di episodi concitati e diversamente chiacchierata su più fronti. Si tratta di una zona industriale e, pertanto, caoticamente popolata di giorno e terribilmente e pericolosamente isolata di notte.
Un rudimentale fuoco acceso, improvvisato con orpelli e suppellettili adagiate in un secchio di latta, donne di colore con abiti succinti, poco propense a chiacchierare. Indispettite, innervosite, irrigidite non solo dalle temperature che mal si prestano a rendere agevole la vita di strada al calar del sole, ma principalmente da quel clima reso teso ed ostile dal disprezzo dei passanti, dal modo di fare di certi clienti e dalle insidie che serpeggiano lungo quelle strade, ancor più difficili da carpire ed individuare quando fa buio.
Non hanno molta voglia di parlare, raccontare e commentare. È evidente che non sono messe lì per fare conversazione con la stampa e mi viene fatto esplicitamente capire. Una di loro, con fare più lesto e premuroso mi dice di andar via se non voglio cacciarmi nei guai e mi da appuntamento la mattina seguente in un bar poco distante dal marciapiede su cui batte ininterrottamente da 7 anni, tutte le sere, per tutta la sera.
Questa è la storia di Samyra: una giovane nigeriana di 23 anni, giunta in Italia quando ne aveva 16. Non ha iniziato a prostituirsi quando è giunta nel “Bel Paese”, Samyra racconta di aver iniziato tra le mura di casa sua, quando aveva appena 9 anni. È giunta in Italia per sottrarsi a quel destino, ma una volta giunta qui, ha capito che il suo destino era prostituirsi. Una condanna, più che un destino.
“All’inizio è difficile, però quando sei così piccola non capisci neanche bene cosa stai facendo, cosa ti stanno facendo e guarire da quel dolore diventa impossibile. È un marchio che ti segna per tutta la vita e non puoi più cambiare vita. Solo nei film le prostitute incontrano il principe azzurro che le salva, ma, nella realtà, per gli uomini siamo solo oggetti da usare e gettare. Ti guardano con disprezzo di giorno, quando ti passano accanto con le auto mentre la moglie gli siede accanto, ma poi, la notte, quando la moglie non c’è, tornano per fare con noi quel genere di cose che con le mogli non si possono fare. E posso dire che gli uomini italiani hanno una perversione repressa che è davvero disgustosa, malata, insana. E noi esistiamo per questo: per soddisfare quel genere di trasgressioni che non si possono praticare con una moglie. Del resto, la prostituzione è una malattia dalla quale non si guarisce e la presenza sui marciapiedi anche di donne anziane lo dimostra.”
Qual è il rapporto tra giovani e prostituzione?
“Sono tantissimi i ragazzi che tutte le sere vengono qui. E non parlo di quelli che vengono a prenderci in giro e insultarci o per scambiare qualche battuta solo per capire se possono avere il coraggio di caricarci in macchina per stare insieme, perché è chiaro che una volta che arrivi qui e temporeggi è perché hai voglia di far sesso, ma non hai il coraggio di farlo. Tantissimi ragazzi, anche non maggiorenni, ogni sera vengono a fare sesso con noi prostitute.
I giovani, rispetto agli adulti, sono più violenti, meno rispettosi, fanno richieste spinte, in cambio di pochi euro esigono di avere rapporti non protetti e di avere rapporti di gruppo. Una prostituta e due ragazzi, a volte anche tre. A volte anche due prostitute con più ragazzi. È un modo per dimostrare agli altri amici che guardano che si è forti di saperci fare con le donne. Anche se sono piccoli, giovani, fanno paura. La cattiveria, la violenza che esprimono durante il rapporto fisico, spaventa. Non lo so cosa gli passa per la testa, ma è come se si sentissero i padroni del mondo. Prima, quando vedevamo arrivare dei clienti giovani eravamo contente, perché trasmettevano più imbarazzo e tenerezza. Adesso è diverso. Tutto è cambiato. E gli episodi di violenza che spesso subiamo dimostrano che il nostro lavoro diventa sempre più rischioso. Non è mai stato un lavoro sicuro, ma, adesso, i rischi sono raddoppiati. E tutto fa più paura.”