Un massacro che scuote la tranquillità di una pacifica e sommessa realtà di provincia. Un duplice ed efferato omicidio, consumato tra le mura domestiche, ha profondamente turbato durante la giornata di ieri le comunità di Sturno e di Frigento.
Michele Famiglietti 57enne operaio della Comunità Montana e sua moglie, Maria Covino, 56enne casalinga, sono stati ferocemente uccisi a colpi d’ascia dal figlio Ivano mentre si trovavano nella camera da letto della loro abitazione di Contrada Amendola, in una zona rurale proprio al confine tra i due comuni. Svariati colpi alla testa, agli arti, alla schiena e al torace: così l’uomo ha tolto la vita ai suoi genitori. A colore che gli hanno donato la vita. È così che il 27enne ha messo fine alla vita dei due coniugi che, con buona probabilità, sono deceduti tra giovedì e venerdì. I due corpi sarebbero rimasti lì, nell’indifferenza dell’assassino, riversi nel loro stesso sangue, per almeno due giorni.
L’agghiacciante scoperta risale, infatti, solo a ieri mattina intorno a mezzogiorno. La figlia minore della coppia, infatti, sposata e residente a Grottaminarda, stava cercando invano di contattare i genitori da almeno 48 ore, senza alcun risultato. Decine le telefonate, ad una delle quali pare abbia risposto proprio Ivano che, evasivamente, aveva spiegato alla sorella che i genitori erano usciti per sbrigare delle commissioni. La giovane, preoccupata, ha dunque allertato i carabinieri della stazione di Frigento per cercare di capire cosa stesse accadendo. Giunti sul posto, il maresciallo Lo Priore e il brigadiere Aldorasi hanno bussato facendosi aprire la porta proprio dal 27enne, l’unico dei 4 figli ad abitare ancora nella casa paterna. Un rapido sguardo all’abitazione è bastato per capire. Maria e Michele erano distesi a terra, accanto al letto, senza vita. Pochi metri più in là, apparentemente tranquillo, il loro presunto assassino. I militari hanno immediatamente chiamato i rinforzi, convocando sul posto altre due squadre da Gesualdo e Mirabella.
Il giovane, difeso dall’avvocato Gerardo Testa, è stato condotto nella caserma di Frigento è stato interrogato, ma si è avvalso della facoltà di non rispondere. In tarda serata è stato poi trasferito presso la Casa circondariale di Sant’Angelo dei Lombardi.
Il 27enne è apparso tranquillo, solo leggermente infastidito dalla presenza dei carabinieri, ma gelido nella sua ricostruzione. Non ha confessato, dunque, al contrario ha raccontato di aver trovato i genitori già morti.
Evidente il suo stato confusionale, nonostante, in un lampo di lucidità, pare abbia sotterrato nel giardino davanti casa l’arma usata per il delitto.
Il ragazzo era già noto alle forze dell’ordine: il primo settembre del 2013 si era introdotto nella chiesa di San Michele Arcangelo a Sturno frantumando una vetrata esterna e la teca contenente il santo. Dopo aver asportato una catenina di poco valore aveva tagliato la testa del diavolo che compone la statua, portandola via con sé. I resti furono ritrovati dai carabinieri, giorni dopo, in una zona rurale del frigentino in un terreno privato, proprio dove sorge una seconda statua di San Michele. Anche in quel caso la testa del demone fu ritrovata mozzata. Poco distante una croce disegnata con uno spray rosso con evidenti riferimenti satanisti. Il 27enne, anche in quell’occasione, fu fermato dai carabinieri, denunciato e sottoposto dalla famiglia ad una serie di cure.
Sul suo profilo Facebook ci sono espliciti riferimenti al satanismo. Pare, inoltre che il ragazzo facesse uso di sostanze stupefacenti e che, al momento del colloquio con le forze dell’ordine, rivelò di essere stato spinto a compiere quel gesto dalla voce del demonio.