Secondo lo storico inglese Stuart Laycock (‟All the Countries We’ve Ever Invaded: And the Few We Never Got Round Toˮ, 2012), il Regno Unito avrebbe invaso circa il 90% degli stati del globo; nel restante ha messo mano e influenza. Dal 1830 esso è stato di gran lunga la prima superpotenza economica e militare al mondo, e sin dalle settecentesche guerre di Successione è stato arbitro negli equilibri e nella redistribuzione dei territori nella Penisola italica.
Nel 1848 il Regno Unito comincia la sua ‟Sulphur warˮ contro Napoli per il controllo delle miniere di zolfo siciliane, istigando e sostenendo il separatismo siciliano, al fine anche di instaurare un protettorato sulla Sicilia, strategicamente importantissima nella sua politica di dominio anche nel Mediterraneo. Da allora è infatti un continuo di spallate alla Corte napoletana: emblematiche le famose lettere di Gladstone del 1851 dove si definiva il governo napoletano «negazione di Dio». Il futuro cancelliere inglese in realtà non aveva visitato alcun carcere.
Assurdo ed ai limiti dell’ingenuità perciò sembrerebbe l’atteggiamento di qualcuno, forse eccessivamente ‟neosavoiardoˮ, che nega, fino all’ostinazione, la longa manus britannica nelle vicende risorgimentali, sebbene lo stesso Garibaldi ammetta nelle sue Memorie che i britannici lo favorirono in ogni momento «io, beniamino di codesti Signori degli Oceani, fui per la centesima volta il loro protetto!», che a Londra si raccogliessero fondi per la ‟spedizioneˮ dei cosiddetti Mille, che l’ambasciatore britannico fu l’unico a non lasciare la corte di Torino durante la sanguinosa invasione delle Due Sicilie e sia stato il primo stato a riconoscere il regno d’Italia; che l’UK fu la fortissima sostenitrice dei plebisciti farsa di annessione delle regioni centrali al Piemonte e che un documentatissimo studio di Eugenio Di Rienzo abbia dimostrato come la nascita del regno d’Italia fu un《dirty affaire》(cit.) molto british.
In ogni epoca, sin dalla Lega delio-attica, passando per i Vespri siciliani, fino ai recentissimi fatti in Ucraina e Siria, le grandi potenze sono sempre intervenute con uomini, politica e denaro a sostegno delle ‟causeˮ altrui. In Italia, la retorica nazionale, pur di far apparire la scena come frutto di una fantomatica coralità e uniformità d’azione e di pensiero, e di ancor meno reale indipendenza dalle potenze straniere (Regno Unito e Francia, stavolta), nega ciò che è evidente. Purtroppo l’educazione ‟scolasticaˮ o, per meglio dire, ‟ufficiale‟, più che cercare la verità storica, si arrovella a costruire una improbabile e, forse, poco democratica, verità di comodo, poco rispettosa dei fatti e meno ancora di chi è stato annesso.