Era il 12novembre 2003, quando un camion e un’auto imbottiti di esplosivo devastarono la base italiana Maestrale a Nassiriya, causando la morte di militari impegnati nell’operazione Antica Babilonia, la missione di pace in Iraq.
La strage di Nassiriya, l’attentato più grave alle truppe italiane dalla Seconda Guerra Mondiale a oggi. Diciannove morti italiani tra civili e militari e nove iracheni: carabinieri della MSU(Multinational Specialized Unit), militari dell’Esercito appartenenti alla scorta del regista Stefano Rolla, che si trovava a Nassiriya per uno sceneggiato sulla ricostruzione da parte di soldati italiani fermi lì per una sosta logistica.
Gran parte dell’edificio principale crolló e fu gravemente danneggiata la palazzina dove aveva sede il comando, e intanto la popolazione impazziva e in preda al panico scendeva in strada. Abbiamo anche noi il nostro 11 Settembre.
Ma forse sarebbe stato ancora più tragico se Andrea Filippa, di guardia all’ingresso della base e poi morto anche lui, non avesse fermato, anche se solo in parte, i kamikaze, uccidendo i due attentatori sul camion, che esplose sul cancello d’entrata. L’autobomba invece, ce la fece a passare e a proseguire fin dentro, provocando la strage.
Oltre dieci anni di distanza, le inchieste archiviate, ma la ferita è ancora aperta e brucia, soprattutto per chi, quel 12 novembre, perse un figlio, un padre o un amico. Il dolore resta immutato, anche se nella chiassosa vita di tutti i giorni si finge di ‘archiviare’ la sofferenza con grande pudore.
Oggi più che mai, emerge il nostro spirito di comunità, perché non solo parenti e amici, ma tutti, piangiamo la morte di uomini, caduti in una terra lontana per aiutare la popolazione civile lacerata da una guerra.