Affiliati della camorra che esibivano una barba folta quale elemento di distinzione dagli altri “sistemi” criminali e che al contempo voleva ricalcare una sorta di macabra analogia con l’egemone e spregiudicata ideologia riconducibile al fondamentalismo islamico; foto pubblicate su facebook in cui gli affiliati del clan erano ritratti mentre si scambiavano baci sulle labbra in segno di fedeltà, secondo uno dei più antichi dogmi del codice d’onore della camorra. La visibilità e la popolarità fornita dai social utilizzata per diramare un messaggio dall’elevato contenuto criminale, seppur non esplicito: la camorra ai tempi di facebook, il vecchio e il nuovo che si fondono dando luogo ad assetti e dinamiche inedite.
Questo è quanto emerse lo scorso aprile, in virtù dell’arresto di Raffaele Cepparulo e di altri tre affiliati al suddetto clan, nell’ambito di un’inchiesta di camorra che ha fermato una guerra tra i clan della Sanità e di Forcella.
Cepparulo e gli altri, come molti gregari della camorra dei tempi dei social network, oltre ai baci e alle barbe lunghe, scrivono in arabo i loro “nomi di battaglia”.
“Sono l’ultimo prescelto”: questo “lo slogan” voluto da Cepparulo per autocelebrare il suo delirante desiderio di potere.
Una frase che Raffaele si tatua sul collo, così come fanno anche gli altri che si fanno tatuare anche i nomi delle vittime cadute sotto i feroci colpi delle armi strette tra le loro stesse mani.
Corpi intrisi di nomi di vittime ammazzate dagli stessi corpi che come un trofeo di cui andar fieri esibiscono i relitti delle loro gesta.
Chi pensava di poter tirare un sospiro di sollievo pensando che Cepparulo e company fossero dietro le sbarre, si vede costretto a ricredersi dalla decorrenza dei termini di custodia cautelare che rimette in libertà i quattro giovani.
Arrestati ad aprile scorso con l’accusa di far parte di un clan di giovanissimi animati dalla voglia di regolare con il sangue conti con esponenti della cosiddetta paranza dei bimbi di Forcella, i quattro erano pronti ad uccidere. Avevano già pianificato un omicidio e la vittima predestinata aveva le ore contate. Nella lista nera era già stato scritto un nome: quello di un esponente di spicco del gruppo Sequino-Sibillo- Giuliano. L’omicidio era stato pianificato in tutti i suoi dettagli, ma è stato evitato grazie ad un’indagine dei carabinieri che ha portato all’emissione di un decreto di fermo che ha fatto scattare le manette per quattro persone: Salvatore Basile, 27 anni, Raffaele Cepparulo, 24, Agostino Riccio, 42 e Francesco Spina, 22.
Basile, Riccio e Spina sono residenti nel Rione Sanità, Cepparulo al Mercato. La burocrazia della giustizia, indagini complesse o croniche carenze di risorse potrebbero essere alla base del provvedimento che ieri ha stabilito la perdita di efficacia della misura cautelare in carcere nei confronti dei quattro.
In attesa di un provvedimento dell’autorità giudiziaria che avrebbe impedito la decorrenza, i termini per trattenere in cella i quattro indagati sono stati ritenuti superati. Il gip Andrea Rovida ha firmato la scarcerazione dei quattro. Il loro ritorno in libertà potrebbe avere ripercussioni negli equilibri più attuali della camorra del centro storico cittadino, giocando un ruolo determinante nella faida in corso.