Sarà questo il nuovo volto della penisola?Per il Senatore Raffaele Ranucci firmatario di un ordine del giorno accolto dal Governo,questa dovrebbe essere l’immagine della nuova cartina politica dell’Italia secondo una riforma che porterebbe il numero delle regioni da venti a dodici.
Il Governo ha accolto l’ordine del giorno presentato dal Senatore in quota Pd, impegnandosi quindi ad avviare una riforma vera e propria che abbia lo scopo di eliminare o quantomeno ridurre le forme di dispersione della pubblica amministrazione e gli sprechi di denaro pubblico anche attraverso la riduzione del numero delle regioni.
La nuova norma, oltre a ridurre gli sprechi, servirebbe anche, secondo Ranucci, a semplificare l’architettura del regionalismo italiano, nell’ottica di un processo di integrazione europea che pone l’esigenza di ridurre l’articolazione regionale in tutti i Paesi e le Nazioni che fanno parte dell’Unione.
Le Regioni passerebbero dunque, se il Governo intendesse proseguire su questa strada, da 20 a 12, la Campania prenderebbe il nome di Regione Tirrenica ed ingloberebbe anche le aree del basso Lazio, estendendosi fino a Sabaudia con le province di Latina e Frosinone.
La Regione Lazio verrebbe smembrata tra Appenninica (Toscana ed alto Lazio), Tirrenica, Adriatica e Roma Capitale che si costituirebbe regione in considerazione della specialità e degli oneri particolari e aggiuntivi derivanti dalla sua funzione di Capitale della Nazione e di centro della Cristianità. La nuova regione Adriatica includerebbe invece le Marche, l’Umbria e la parte centro-orientale del Lazio.
Al nord cambierebbe nome il Piemonte, che diventerebbe Regione Alpina ed ingloberebbe anche Valle d’Aosta e Liguria, mentre sul versante orientale nella Regione Triveneto verrebbero riaccorpate Trentino-Alto Adige, Veneto e Friuli-Venezia Giulia.
Al sud verrebbero create le macro regioni di Ponente, costituita dalla Calabria più la provincia di Potenza, e Levante, costituita dalla Puglia più Matera, e scomparirebbe definitivamante la Basilicata.
Resterebbero invariate infine, come territorio e denominazione, Lombardia, Emilia-Romagna, Sicilia e Sardegna.
Rimarrebbe da sciogliere il nodo degli Statuti Speciali, che sono disciplinati da Legge Costituzionale e che necessiterebbero di un iter legislativo molto più lungo.