Arriva una svolta nell’indagine sull’omicidio del piccolo Cocò, il bimbo di soli tre anni ucciso e bruciato mentre era in auto con il nonno a Cassano allo Jonio, il 16 gennaio 2014.
I carabinieri del Ros hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa su richiesta della procura distrettuale antimafia di Catanzaro, a carico di Cosimo Donato e Faustino Campilongo, indagati per il triplice omicidio di Giuseppe Iannicelli, della compagna marocchina Ibtissam Touss e del nipotino Nicola Campolongo , i cui corpi vennero rinvenuti carbonizzati all’interno di un’auto.
Le indagini accertarono che i tre furono uccisi con diversi colpi di pistola; in seguito i corpi furono bruciati. Il 26 gennaio 2014, dieci giorni l’omicidio, ricordiamo che Papa Francesco rivolse a Cocò un pensiero e una preghiera in occasione dell’Angelus in piazza San Pietro: chi ha ucciso un bambino così piccolo, “con un accanimento senza precedenti nella storia della criminalità”, “si penta e si converta”, aveva detto il Pontefice, che qualche mese dopo incontrò anche il padre del bimbo, detenuto nel carcere di Castrovillari.
In realtà il piccolo Cocò era uno scudo umano, nonostante avesse solo 3 anni. Infatti il nonno, Giuseppe Iannicelli lo portava con sé nei suoi giri di spaccio. Lo caricava sull’auto, insieme alla compagna Ibtissam Touss, quando andava a rifornire i pusher nella zona della Sibaritide, in provincia di Cosenza. Incoscientemente pensava che l’innocenza di Cocò lo mettesse al riparo, probabilmente non pensava di mettere a repentaglio la stessa vita di una piccola creatura innocente.
«Cocò era utilizzato da Iannicelli al fine di scongiurare agguati», hanno dichiarato a verbale due testimoni e un pentito. Così come ha spiegato il figlio stesso di Iannicelli: «Si accompagnava a Cocò e alla marocchina perché era convinto che in loro presenza nessuno gli avrebbe potuto fare del male». Molti sapevano che Giuseppe Iannicelli, dopo essere uscito dal carcere, stava cambiando fornitori, cercava di emergere: «Era dedito allo spaccio di sostanze stupefacenti, dapprima in seno alla consorteria ‘ndraghtistica degli zingari, quindi avvicinandosi al sodalizio storicamente contrapposto dei Forastefano». Clan rivali. Iannicelli, avrebbe insomma tentato di assumere un ruolo autonomo e per questo motivo sarebbe stato assassinato, la presenza del nipotino non ha fermato il crimine, anzi proprio la morte del piccolo l’ha reso ancor più efferato e spietato.