“Sono un gay felice e ho un compagno“. Queste le parole di Krzysztof Charamsa, 43enne, presbitero polacco, ma soprattutto teologo di primo piano in Vaticano.
Charamsa dal 2003 è ufficiale della Congregazione per la Dottrina della Fede, nonché segretario aggiunto della Commissione Teologica Internazionale vaticano e professore alla Pontificia Università Gregoriana e al Pontificio Ateneo Regina Apostolorum.
In un intervista il presbitero polacco dice che il coming out è stato necessario per scuotere la coscienza della Chiesa, «perché siamo già in ritardo e non è possibile aspettare altri cinquant’anni». «L’amore omosessuale – sottolinea – è un amore familiare, che ha bisogno della famiglia. Una coppia di lesbiche o di omosessuali deve poter dire alla propria Chiesa: noi ci amiamo secondo la nostra natura e questo bene del nostro amore lo offriamo agli altri. Non sono posizioni dell’attuale dottrina, ma sono presenti nella ricerca teologica».
Raccontando di sé monsignor Charamsa, ha rivelato di aver inizialmente sottomesso la sua omosessualità, “con pignoleria zelante all’insegnamento della Chiesa e al vissuto che mi imponeva: il principio che ‘l’omosessualità non esiste’. E se c’è va distrutta“.
Ma la consapevolezza e l’accettazione di essere gay è arrivata proprio mediante lo studio, la preghiera e la riflessione su se stesso. “Sono stati fondamentali il dialogo con Dio e il confronto con la teologia, la filosofia, la scienza – ammette il sacerdote-teologo intenzionato a scrivere una lettera al Papa per rivelare personalmente la sua identità -. Adesso poi ho un compagno che mi ha aiutato a trasformare le ultime paure nella forza d’amore“.
Una vera e propria dichiarazione schok, ripresa con un’intervista al ‘Corriere della Sera’ , arrivata, con incredibile tempismo, alla vigilia del Sinodo in cui i vescovi di tutto il mondo si confronteranno anche sul tema dell’accoglienza degli omosessuali. «So che pagherò le conseguenze, dovrò rinunciare al mio ministero, cercherò un lavoro ma finalmente sono fuori dall’armadio», ha detto il monsignore che rischia un processo canonico nella sua diocesi e che se ritenuto colpevole sarà ridotto allo stato laicale, «dedico questo mio annuncio a tutti i sacerdoti omosessuali, che sono tantissimi, alle care lesbiche, ai transessuali, l’astinenza totale che la Chiesa chiede ai gay è disumana ma vorrei dire al Sinodo che l’amore omossessuale è amore familiare».
Dietro le rivelazioni di Charamsa, secondo molti, ci sarebbe un chiaro attacco nei confronti del Papa sferrato dalla lobby gay che sarebbe presente in Vaticano e di cui lo stesso Papa Francesco aveva parlato nel giugno 2013 dicendo: «Nella Curia ci sono persone sante, davvero, ma c’è anche una corrente di corruzione. Si parla di una lobby gay, ed è vero, esiste. Noi dobbiamo valutare cosa si può fare». Una mossa precisa quindi per condizionare il Sinodo secondo molti, creando ancora divisioni e polemiche interne sul tema dell’apertura agli omosessuali.
«Queste persone omosessuali – ribatte il porporato – agiscono contro il comandamento di Dio, sarà Dio a giudicarle, come dice giustamente il Papa, ma il loro atto è peccaminoso e non giustificabile. Il Sinodo non può esser condizionato, dirà qual è il modo migliore per accogliere gli omosessuali, indicherà delle vie pastorali, ma la dottrina non si cambia».