Il clan Mallardo, operante sul territorio del comune di Giugliano in Campania, nell’area a nord della città di Napoli, nasce tra gli anni ’70 e ’80, ad opera di Francesco Mallardo.
Una delle “peculiarità” per le quali l’organizzazione ha saputo distinguersi, va riscontrata in uno dei business più redditizi ed “inusuali” volti a rifocillare le casse del clan: il controllo del mercato ortofrutticolo, ma non su scala regionale.
Da Messina a Siracusa, da Giugliano a Fondi, per poi passare per Avezzano e giungere nella maggior parte dei mercati ortofrutticoli italiani, tra cui quello di Roma. Un business, quello dei trasporti da e per il mercato di Giugliano, che gli investigatori hanno svelato grazie alle intercettazioni telefoniche e che ha svelato anche il coinvolgimento di Cosa Nostra. Ipotesi investigative che poi sono state confermate dalle dichiarazioni del collaboratore di giustizia Pirozzi: un «colletto bianco» che al servizio dei Mallardo e delegato ad intrecciare contatti anche con la politica. Pirozzi, diventato collaboratore di giustizia, ha raccontato anche di svariati interessi che l’organizzazione malavitosa aveva in diversi settori e l’interesse sugli appalti pubblici.
Il mercato è un affare del clan sia sotto il profilo criminale-camorristico che camorristico-politico. Mediante una convenzione con il Comune di Giugliano, il clan ottiene una postazione nel mercato di Giugliano alla Comer la cui sede non veniva utilizzata ai fini amministrativi, ma come riunione dei capiclan. Era lì che avevano luogo le riunioni camorristiche a cui partecipano diversi affiliati del clan, tra cui: Patrizio Picardi, Biagio Micillo, Gennaro Catuogno, Sossio Capasso e Michele Di Biase.
Proprio quest’ultimo, nel corso di queste ore, è finito sotto le luci dei riflettori. Il 57enne, soprannominato “Paparella”, uomo di spicco del clan Mallardo, di cui non si hanno notizie da due giorni.
Stando agli indizi emersi nelle ultime ore, “Paparella” potrebbe essere una probabile vittima di lupara bianca. Ovvero, la vittima di un omicidio di stampo camorristico, seguito da occultamento di cadavere. Questo lascia presagire il ritrovamento di quel cappellino che esibisce il foro di un proiettile, la patente di guida e le tracce di materia cerebrale, da parte della polizia, la scorsa notte, nella zona del Vasto, all’interno dell’auto d proprietà del fratello di Di Biase, con fori di proiettile e tracce di sangue.
L’auto, intestata al fratello di Di Biase, per gli agenti del Commissariato di polizia di Giugliano è utilizzata dal 57enne scomparso. Il ritrovamento della stessa nella zona del Vasto, area controllata dai Contini, molto potrebbe lasciar presagire sul destino al quale l’uomo è andata incontro.
I Mallardo e i Contini sono alleati in virtù del legame di parentela che lega i boss Francesco Mallardo e Patrizio Bosti, sposati con due delle quattro sorelle Aieta. Imparentati con loro anche Gennaro Licciardi e Edoardo Contini che hanno sposato le altre due dando vita, così, all’Alleanza di Secondigliano.
Un patto di sangue, un cartello criminale che ad oggi è uno dei più forti della Campania, anche più dei Casalesi. Se realmente fosse successo qualcosa, allora, si tratterebbe di un regolamento di conti interno. Il ritrovamento dell’auto proprio nei vicoli del Vasto, di certo, è la firma di chi ha voluto render nota l’identità o quantomeno la famiglia di provenienza dell’artefice dell’agguato.
Una fitta rete di illazioni imbrigliate in un fitto mantello di mistero e che gli inquirenti sono chiamati a districare per far luce sulla vicenda.