Raffaele Rende, “Lello ‘o criminale”, 27 anni, di Quarto, il classico profilo da “criminale di basso rango” che, però, lo scorso giovedì ha dato prova di covare “ambizioni” utili ad incrementare le sue quotazioni in borsa nell’ambito del fitto e sanguinario quadro camorristico che, in maniera confusionaria e parimenti temibile, tiene banco indistintamente tra i vicoli del centro storico cittadino piuttosto che tra le strade delle cosiddette periferie “critiche” in balia di raid e minacce di vario genere.
Rende ha confessato di essere l’artefice della sparatoria nell’ambito della quale è rimasto gravemente ferito l’agente Nicola Barbato, mentre era in servizio, sotto copertura, ma non ha manifestato alcun cenno di pentimento.
L’uomo ha confermato che la sparatoria è maturata nel corso di un tentativo di taglieggiare un negozio di giocattoli.
In poche parole, ha fatto quello che va fatto in questi casi: Rende, le parole che esprimono le sue ideologie ed ancor più la condotta che ne narra le spietate gesta, palesano quel metodo camorristico, contraddistinto da feroci dinamiche, dettate da un ancor più sanguinaria logica, nel quale quelli come “Lello ‘o criminale” dimostrano di sapersi compenetrare con estrema disinvoltura e spontaneità.
Ma Rende è solo un braccio, l’esecutore di un’azione dettata da chi, al momento, detiene i fili del potere e mira a detenere il controllo delle attività di estorsioni e racket nel quartiere Fuorigrotta ed è lungo i binari che conducono all’identità di costui che verte l’indagine condotta dal procuratore aggiunto Filippo Beatrice e dai pm anticamorra Francesco De Falco e Maurizio De Marco.
Si scava negli archivi di polizia giudiziaria, ma anche sulle più recenti informative che riguardano la zona di via Leopardi.
L’attenzione degli inquirenti si concentra, quindi, sul presunto mandante, su quello che avrebbe messo in piedi una trama estorsiva in grado di taglieggiare decine di esercizi commerciali. È lui che avrebbe reclutato alcuni emergenti/aspiranti camorristi di Quarto e di Fuorigrotta a fare le «bussate di porta» ovvero, a richiedere le tangenti. Si tratta di un uomo la cui carriera sembrava destinata ad essere stroncata sul nascere, in virtù di una condanna all’ergastolo per omicidio.
Successivamente, al cospetto di un quadro indiziario che viene ritenuto carente dai giudici di secondo grado, la condanna si è fatta più lieve. È così che un criminale, in un primo momento condannato al carcere a vita, si ritrova inaspettatamente tra le mani la possibilità di ambire alla conquista del potere criminale. Un’occasione più unica che rara e che una mente, un’anima ed un corpo educati alla camorra, non si lasciano si certo sfuggire.
E quanto si respira tra le mura di Fuorigrotta tristemente lo dimostra.