“Questa è la storia dei dottorandi di ricerca dell’Università degli Studi di Napoli “Parthenope” e nello specifico dei dottorandi del XXIX ciclo, derisi, presi in giro e truffati.”
Si apre così, il messaggio giunto alla nostra redazione ed inviato da Luca, uno dei dottorandi in questione “Forse non tutti sanno che accedere a un Dottorato di Ricerca, a meno che non si abbia già la strada spianata, non è cosa semplice. Presentata la domanda di partecipazione, si attendono le valutazioni dei titoli. Solo coloro che ottengono un punteggio minimo stabilito dalla commissione di esame possono accedere alla fase successiva: il colloquio. La somma dei punteggi dati dall’esame dei titoli, dall’esito del colloquio e in alcuni casi da una prova scritta consente di stilare la graduatoria di merito.
Solo i migliori, secondo un numero stabilito dalla commissione, avranno diritto a una borsa di studio triennale, tutti gli altri dovranno contare esclusivamente sulle proprie forze.
Dal momento dell’attribuzione della borsa di studio inizia il crudo meccanismo dell’etichettatura, “borsista” e “non borsista”, secondo la quale quest’ultimo sarebbe tenuto a fare meno, a garantire una presenza in Dipartimento meno assidua rispetto al fortunato collega “borsista”, a impegnarsi meno nelle attività accademiche, ma questo accade solo raramente. “Borsista” e “non borsista” vengono comunemente equiparati, la loro differenza sta solo nelle tasche e in tanti altri vantaggi di cui il “non borsista” non può usufruire, come ad esempio la maggiorazione pari a circa metà della borsa di studio quando soggiorna all’estero per motivi di studio o il versamento dei contribuiti per l’intera durata del dottorato. Una speranza per i “non borsisti” sembra nascere nel marzo 2015, quando viene pubblicato sul Bollettino Ufficiale della Regione Campania un avviso pubblico con il quale si invitano gli atenei campani a presentare una serie di progetti, con l’obiettivo di concedere una borsa di studio ai “non borsisti”.
Il 19 maggio viene pubblicata la graduatoria di assegnazione dei fondi messi a disposizione dalla Regione e tra i vincitori vi sono proprio alcuni corsi di Dottorato della “Parthenope”. Per le alte cariche, però, tutto è già caduto nel dimenticatoio e i dottorandi hanno cercato di reclamare in autonomia la loro borsa di studio.
Quelle borse di studio tuttavia non sono mai arrivate.
L’Ateneo, anziché impiegare i fondi ricevuti dalla Regione per i “non borsisti”, come da bando, ha deciso di utilizzare in altro modo questi fondi, così che i “non borsisti” del XXIX ciclo sono venuti a conoscenza del fatto che le loro borse di studio sono state destinate in parte ai cicli di dottorato successivi, nonostante nella graduatoria del BURC si facesse esplicito riferimento al loro ciclo di studi, e in parte ai loro colleghi già detentori delle borse di studio ministeriali sostituite dalle nuove. Mentre negli altri atenei campani i fondi BURC sono stati effettivamente assegnati ai non borsisti, alla Parthenope invece si è assistito a questo scandalo.”
Doveroso, da parte dell’ateneo napoletano, a questo punto, far luce e chiarezza in merito alla suddetta vicenda.