Il 18 Settembre nel carcere femminile di Pozzuoli sarà messo in scena lo spettacolo teatrale dell’associazione culturale Malitalia: “O cu nui o cu iddi” la vera storia di Maria Concetta Cacciola, uccisa dalla ‘ndrangheta.
Dopo il grande successo ottenuto a Roma e in Calabria, lo spettacolo dell’Associazione Malitalia sarà presentato nel teatro della Casa Circondariale, seguito da un aperitivo/cena preparato dallo chef Pietro Parisi, con l’aiuto delle donne detenute. È proprio grazie alla collaborazione fra Malitalia e il “cuoco contadino” che è stato possibile organizzare l’evento in collaborazione con la cooperativa Lazzarelle, capitanata da Imma Carpiniello e Paola Maisto.
La rappresentazione teatrale ci mette di fronte alla vera storia di Maria Concetta Cacciola che ha pagato con la vita la ribellione alla cultura del silenzio e dell’omertà.
La sua storia viene raccontata nello spettacolo teatrale scritto da Malitalia con la regia di Enrico Fierro e Laura Aprati e la collaborazione di Angelo Corica e Francesco Perrella e con musiche di Paolo Damiani. La ricostruzione della storia avviene anche mediante l’utilizzo delle intercettazioni utilizzate nel processo e di video inediti, in un intreccio di musica e filmati.
Lo spettacolo, racconta la vita di una giovane donna calabrese, Maria Concetta Cacciola appunto, nata e cresciuta in una famiglia di ‘ndrangheta a Rosarno e che, ad un certo punto della sua vita, decide di collaborare con la giustizia per inseguire il suo sogno di libertà e per dare un futuro migliore sia a lei che ai suoi tre figli. Una scelta a dir poco coraggiosa in terra di ‘ndrangheta, dove le famiglie mafiose rispondono solo all’onore e al rispetto di regole del tutto incoerenti con la legalità.
Sarà proprio per questa sua scelta di amore che Cetta – così come la chiamavano tutti – morirà tragicamente, ingerendo acido muriatico. Un fatto che in un primo momento è stato etichettato come un suicidio. La cronaca giudiziaria, invece, ci mette davanti ad una verità sconcertante: se Cetta è morta suicida vuol dire che qualcuno l’avrebbe indotta.
Per la sua morte, infatti, sono stati già condannati i suoi stessi parenti, la mamma, il padre e il fratello della giovane donna. Le accuse sono pesantissime: concorso in violenza privata e minaccia per costringere Cetta a ritrattare le dichiarazioni rese ai magistrati reggini.
Lei aveva scelto di stare “cu iddi”, la giustizia, e non con la mafia, proprio per questo esempio di coraggio merita di essere ricordata insieme a tutte le altre vittime di mafia.