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Andrea Saraiello: una vita da sogno tramutata in un incubo

Redazione Napolitan di Redazione Napolitan
20 Settembre, 2015
in News
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Andrea Saraiello: una vita da sogno tramutata in un incubo
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171446461-0bfe250f-db5e-49e9-a16d-fe692e3d9979Il mondo dei social, oramai, in maniera più che comprovata condiziona le nostre vite e lo fa in vario modo. Il profilo facebook di una persona, infatti, tanto e tante cose racconta e confida di lei e in molti casi fornisce informazioni che sanno rivelarsi preziose sotto il profilo investigativo.

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All’indomani dell’ennesimo agguato costato la vita ad Andrea Saraiello, un ragazzo incensurato di appena 26 anni, originario di Secondigliano, a finire sotto la luce dei riflettori è anche il profilo facebook della stessa vittima, freddato durante la notte di venerdì, 18 settembre, mentre in sella al suo scooter percorreva via Louis Bleriot.

Si tratta del profilo di Andrea Thomas, questo il nome con il quale Andrea Saraiello figurava sul popolarissimo social. Un escamotage utilizzato da tanti, “per moda”, ma anche per rendere la vita difficile agli occhi indesiderati, indiscreti. Le foto del 26enne incensurato, raggiunto da plurimi colpi d’arma da fuoco alla schiena raccontano la vita di un ragazzo al quale piaceva “la bella vita”: calcio, musica house, tatuaggi, look curato, discoteche, viaggi e ragazze bellissime.

“Sei più forte di Borriello” si legge in uno dei commenti ai piedi delle tantissime foto che ritraggono le gesta di Andrea lungo le piste dei più quotati locali della movida partenopea.

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Marco Borriello: sex symbol per eccellenza, icona di quella vita contornata dai nefasti di notti trascorse tra modelle, bollicine e locali in voga, alla quale aspirano tutti i giovani. La storia e la vita dell’affermato calciatore napoletano, tra l’altro, nascono e partono da San Giovanni a Teduccio, quartiere topico della periferia est di Napoli, emblema dei disagi e delle criticità che contaminano la vita laddove la criminalità lascia trasparire senza cernite la sua cruenta presenza. Un aspetto che rende Marco più “terreno”, consegnando ai suoi “follower” la consapevolezza che “tutto è possibile e a portata di mano”.

E poi ci sono le foto di Fabrizio Corona, un altro modello al quale ispirarsi per Andrea. Un tenore di vita elevato e scalfito da caratteristiche ben precise: questo trapela da quello che racconta l’account del giovane ucciso venerdì notte. E non solo.

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Moltissimi gli scatti in cui il giovane posa quasi da modello, con muscoli, tatuaggi e occhiali da sole in evidenza. Poche invece le frasi. “Rispetto chi mi odia, no chi finge di amarmi” ha scritto il 26enne in un post di maggio.

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E soprattutto: “Io me la sento e voi?” ha chiesto invece in un post del 2014 pubblicando una foto in cui si punta alla tempia una pistola dorata. E proprio quella foto, tanto provocatoria quanto disarmante, è finita nell’occhio del ciclone, aprendo un varco su uno scenario insospettato nella vita di un ragazzo, apparentemente avulso dalle dinamiche camorristiche. Nel delirio quasi impenetrabile di quell’interrogativo c’è chi cerca di posizionare uno dei tasselli più importanti all’interno del quadro di morte che ha visto il 26enne originario di Secondigliano assassinato da mani ancora sconosciute in una stradina di periferia senza luci né case, intorno alle otto di sera dello scorso venerdì a San Pietro a Patierno.

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L’ipotesi di una vera e propria esecuzione camorristica prende sempre più corpo, di ora in ora, viaggiando di pari passo con l’evoluzione delle indagini, dopo che, durante le prime fasi successive all’agguato, il caso appariva come un mistero impenetrabile. Oggi le nebbie calate su questo ennesimo scenario tragico cominciano a diradarsi e il quadro inizia a farsi più nitido. È vero, Saraiello era incensurato. Non aveva macchie, né precedenti capaci di inquadrarlo in contesti malavitosi o, peggio ancora, camorristici. Tuttavia le indagini hanno preso una piega ben precisa, indirizzandosi verso gli ambienti della criminalità organizzata dell’area occidentale di Napoli.

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Ad uccidere Andrea Saraiello sarebbero stati i sicari di un clan al quale il giovane incensurato avrebbe pestato i piedi. Ad ordinare la morte del 26enne sarebbero stati i signori della droga, gli stessi che stanno disseminando il terrore a Soccavo, lungo le strade del Rione Traiano, per intenderci.

In una fase ancora embrionale, tuttavia, gli inquirenti non escludono nessuna pista.

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