È il giorno dell’ultimo e sentito addio a Gennaro Cesarano, il 17enne ucciso nella notte a cavallo tra sabato e domenica scorsa nel cuore del Rione Sanità.
Un rione che, fin dalle prime luci dell’alba, stamani, ha accolto i preparativi che hanno preceduto l’incipit della cerimonia, iniziata poco prima delle otto e conclusasi intorno alle dieci, quando la bara bianca portata a spalle dagli amici del ragazzo ha attraversato le strade del quartiere.
Una vigilia animata dal timore che l’ultimo saluto del rione a Genny potesse essere svilito della sua solenne essenza da episodi concitati e ancora inneggianti odio e violenza.
Così non è stato, difatti il corteo si è mosso in silenzio fermandosi solo di tanto in tanto per un lungo applauso. Tutte le saracinesche dei negozi erano abbassate.
La cerimonia si è svolta in un clima commosso e composto. La mamma di Genny, Vincenza, è rimasta sempre abbracciata alla bara. Concludendo la cerimonia, don Antonio Loffredo ha detto: «Gennaro è in cielo perché in purgatorio c’è già stato» sottolineando la flebile complessità che contraddistingue la vita in quel contesto e poi ha invitato tutti gli abitanti del quartiere ad esporre un fiocco viola. «Lo toglieremo solo quando avremo risposte dalle istituzioni».
Già alle sette piazza Sanità era affollata dagli amici della vittima che hanno esposto uno striscione nella chiesa di San Vincenzo dove padre Antonio Loffredo, Alex Zanotelli e Giuseppe Rinaldi hanno celebrato i funerali. “Genny vive”: recita lo striscione “di prassi” in questi casi, esibito dai ragazzi del rione.
Mentre nell’occhio del ciclone è finito lo striscione della presidente della terza municipalità Giuliana Di Sarno.
Uno striscione in cui figurava la parola camorra, ma la donna ha raccontato che i ragazzi si sono rifiutati di esporlo. Gli amici di Genny hanno replicato: “Perché voleva farlo portare a noi? Lei lo aveva preparato e lei doveva metterci la faccia”.
Un lenzuolo bianco con una scritta rossa: «Genny vive nei nostri cuori…e la camorra ci ha ucciso» che viene strappato da un giovane prima dell’inizio dei funerali di Genny Cesarano.
«Oggi qui quella roba non la vogliamo».
Sentore forte e chiaro del fatto che quello sfiancante braccio di ferro che troneggia sulle vite che popolano il rione, seguita a tenere pericolosamente banco.