“Tieni duro”, “sempre con te”, “Vita mì”, “Perchè spingerti a tanto fra’? Ch te mancav ? Mo tutt e cumpagn stann mal pe sta notizia.. T’aspettamm tutt quant”, “tvb”, “ti aspettiamo”, “Booo perche POI POTEVI FERMARTI”, “Fratellì perché ? Mannaggi i guai! Ti aspetto fra”, “Il mio pensiero va a te vita miiii ti voglio bene e sappi che io ci sarò sempre tv”, “Non Mollare Fratellìììì !!!”
Sono solo alcuni dei messaggi che si susseguono sulla bacheca del profilo facebook di Gianluca Ianuale, il 20enne accusato dell’omicidio di Anatoly Karol, il muratore ucraino ucciso lo scorso 30 agosto nel tentativo di sventare una rapina messa a segno proprio da Gianluca con la complicità del fratellastro, Marco Di Lorenzo.
Una pioggia incessante di messaggi di solidarietà, contornati da emoticon raffiguranti cuori e baci, incalzano, incessantemente, dal pomeriggio di sabato, da quando i media hanno diramato l’identità dei due aguzzini di Anatoly.
Messaggi che concorrono ad imbastire intorno alla vicenda una marcata venatura di macabro sconcerto e che sottolineano quanto sia facile, talvolta, mettere in pratica le reazioni più difficili al cospetto di simili circostanze.
L’ideologia saldamente radicata in un tessuto sociale, un contesto, quel contesto, il contesto, ribadisce e conferma che rapine, omicidi, illegalità, crimine appaiono “pratiche di ordinaria amministrazione”.
Compirà 20 anni il prossimo 14 settembre Gianluca, questo e molto altro racconta di lui e della sua vita il suo profilo facebook: un look perfettamente conforme alla moda del momento, il ciuffo alto e fonato, sigaretta o spinello tra le labbra, esibiti con vanto ed orgoglio, una palese passione per gli occhiali e le t-shirt con le stampe ed ancor più per la bella vita. I viaggi, le serate nei locali, aforismi e frasi fatte sulla vita, sulla crudeltà del destino.
L’ultimo post pubblicato da Gianluca risale al 30 agosto, alle 17,06, poche ore prima di recarsi in quel supermercato, situato proprio di fronte casa sua per mettere a segno quella che doveva essere una rapina e che invece si è tramutata in un omicidio.
“Bisogna prendere l’abitudine di non abituarsi a niente”: scriveva Gianluca poco più di tre ore prima di uccidere Anatoly Karol con una banale penna per poi finirlo con due colpi di pistola.
Una realtà che si fatica a riportare ed ancor più a percepire come “reale”.
Di certo, fa gelare il sangue nelle vene fermarsi a pensare che centinaia di ragazzi vivano nella ferma convinzione che la giustizia farà il suo corso se Gianluca tornerà a sgambettare in giro per i locali dell’hinterland napoletano, come se nulla fosse successo.
Come se Anatoly non fosse mai morto.