La storia di Gianluca Ianuale, 20 anni, esecutore materiale dell’assassinio del muratore Anatoly Korol, racconta di “una vita da sbandato”, condotta ai margini della periferia e della legalità.
A 20 anni, a soli 20 anni, Gianluca è stato in grado di infliggere ferite letali ad un uomo utilizzando una penna come arma.
Una penna, il più banale e comune oggetto che popola gli zaini di tanti suoi coetanei, incapaci anche solo di rilevare, in un oggetto tanto innocuo, una minaccia così feroce.
Gianluca è il quinto figlio legittimo di Vincenzo Ianuale, boss di rilievo in termini di spaccio di droga ed estorsioni, attualmente detenuto.
Eppure, la vita di Gianluca, a dispetto dei suoi 20 anni, è densa di brutture, scempi, orrori, crimini che delineano i tratti somatici di un ragazzo senza identità e capace di tutto, pur di ottenere i suoi scopi.
Nel 2011, Gianluca insieme ad altri suoi tre giovani amici, ha stuprato una ragazza di 16 anni. Gli artefici dello stupro erano tutti minorenni all’epoca dei fatti.
Era il 30 novembre del 2011, quando nel buio del cortile della stazione della circumvesuviana di Castello di Cisterna, Gianluca e i suoi tre complici, tesero un’ignobile trappola alla sedicenne di Brusciano.
La ragazza, fidanzata con un ragazzo appartenente al “branco”, dopo aver trascorso il pomeriggio in sua compagnia, ignara di quello che di lì a poco sarebbe accaduto, mentre era in sella al suo scooter, si fida di lui quando le propone di appartarsi in quella stazione, a quell’ora deserta, piuttosto che accompagnarla a casa. Una volta giunti lì, ad attendere la coppietta vi erano Gianluca, suo fratello gemello e un altro amico, figlio di un navigato narcotrafficante della zona.
In quattro abusarono di quella ragazza. Una violenza filmata anche con i telefoni cellulari. Scene inguardabili consumate a poca distanza dalla casa della vittima, nel buio di uno squallido posto di periferia, il parcheggio della grigia stazione circumvesuviana di Castello di Cisterna, sotto i grandi piloni della lunga sopraelevata su cui scorrono i binari della linea Napoli-Nola-Baiano.
Filmati con i quali i ragazzi hanno ricattato la sedicenne, non solo intimandole di non proferire parola con nessuno in merito a quanto accaduto, ma soprattutto, sotto la tormentosa minaccia di quelle immagini, le impongono di ritornare di nuovo lì, allo stesso posto, alla stessa ora, il giorno seguente. Una volta giunta a casa, però, la giovane, tra un mare di lacrime, ha trovato la forza e il coraggio necessari per confidare l’accaduto prima ai genitori e poi ai carabinieri.
Uno sforzo vanificato dal tribunale dei minori che ha derubricato il reato, trasformandolo in un delitto punibile amministrativamente.
Niente carcere minorile, dunque, per Gianluca, ma solo il trasferimento in una casa famiglia della provincia di Caserta, per la quale il comune di Castello di Cisterna è stato costretto a pagare, per legge, tutte le spese finalizzate al sostentamento e alla rieducazione del ragazzo e dei suoi sodali: 90mila per lui e altri 90mila per il fratello gemello. Stessa somma per gli altri due componenti del branco. Un fiume di danaro che stando alle accuse, terribili, che pendono attualmente sul capo del 20enne, non sarebbe valso a fargli mettere la testa a posto.
Gianluca è stato catturato nella casa al mare di famiglia, a Scalea, in Calabria, la scorsa notte. Si nascondeva lì con il fratellastro. Il ragazzo vive a Castello di Cisterna, con la nonna e i suoi fratelli, in un palazzo bianco e rosa, di tre piani e di proprietà della famiglia, proprio di fronte al supermercato in cui ha ucciso Anatoly Karol.