Pasquale Ceraso, 67 anni, una vita da soldato della camorra, nell’esercito dei Misso, dei Sequino, morto in un agguato. Un’eventualità con la quale un camorrista è chiamato a fare i conti e che deve prevedibilmente prendere in considerazione sotto la voce “rischi del mestiere”.
Freddato da un colpo alla testa, altri nove in diverse parti del corpo, mentre era a bordo della sua Renault Twingo, all’alba di quello che doveva essere un giorno qualunque e che invece gli ha mostrato le funeree spoglie dell’ultimo giorno. Un pregiudicato sopravvissuto ad innumerevoli vicissitudini ed altrettante faide criminali ha trovato la morte in un agguato, sopraggiunto nella fase di declino della sua carriera.
Nel cuore del rione Sanità il sole è sorto da un manciata di minuti quando Pasquale Ceraso viene giustiziato in vico Santa Maria alla Parità. I killer affiancano l’auto, lo colgono di sorpresa, gli tolgono tutto in un lampo: prima il tempo e la lucidità necessari anche solo per pensare di mettersi in salvo e poi la vita, scaraventandogli contro dieci colpi di pistola. Adesso gli inquirenti indagano tra le realtà cittadine più martoriate dalla criminalità organizzata per far luce sulle vicende che negli ultimi tempi stanno disseminando orrore e terrore lungo i vicoli del centro storico, gettando Napoli in un pericoloso stato d’allerta nazionale.
Il dovere e lo scrupolo, in ogni caso, impongono agli inquirenti di non escludere alcun movente, si scava nel passato della vittima, tra i brandelli di quel curriculum fitto di precedenti penali. Dieci anni fa l’ultima segnalazione per contatti con un sistema criminale oggi dissolto da indagini, arresti, processi e condanne. Droga, estorsione, ancor più antiche le accuse che hanno segnato il debutto di Ceraso: nel 1992 fu arrestato nell’ambito di un’operazione contro il traffico di droga tra Milano e Napoli. Fu bloccato nell’abitazione di Mario Savio, allora capo dell’omonimo clan camorristico dei Quartieri Spagnoli. Un’organizzazione, con base a Milano, riusciva a inviare notevoli quantitativi di stupefacenti in Italia meridionale ed in Europa. Si trattava, in particolare, di hashish e cocaina destinati principalmente ai mercati di Spagna e Germania. Pochi anni dopo, nel ’95 Ceraso, latitante, ritenuto esponente di spicco del clan Savio, fu arrestato nel rione Sanità.
Ed ancora, nel 2008, contro Ceraso, punta il dito un personaggio di spicco. Si tratta di Giuseppe Misso che raccontò del ruolo di Ceraso come riscossore di una tangente ad un ristorante di Cuma. Da allora, calano buio e silenzio sulla sua figura.
Nel Rione Sanità era conosciuto come «O sicc’» per via della sua corporatura esile, lì trascorreva le sue giornate a giocare a carte nella sede dell’Unione Cattolica Operaia. Un omicidio che potrebbe incastonarsi nella complessa trama che vede i “vecchi capi” misurarsi contro la famigerata “paranza dei bimbi”, ipotesi che potrebbe trovare ancor più corpo in seguito ai fatti avvenuti domenica scorsa sulle gradinate del San Paolo, ma che attendono tuttora di essere chiariti, al pari di quest’ultimo omicidio che torna a far tremare la terra e con lei la serenità della gente comune.