È notte fonda a Whitechapel, quartiere popolare della periferia orientale di Londra. Alle 3:45, lungo Buck’s Row, Charles Cross e Robert Paul fanno una macabra scoperta: riverso a terra, in un lago di sangue, c’è il cadavere di una donna, orrendamente mutilato in diversi punti.
Si tratta di Mary Ann Nichols, prostituta di 43 anni, riconosciuta in seguito come la prima vittima accertata del serial killer passato alla storia come Jack lo squartatore. La scena purtroppo si ripete e a novembre dello stesso anno le vittime salgono a cinque: dopo la Nichols, Annie Chapman, Elizabeth Stride, Catherine Eddowes e Mary Jane Kelly.
In realtà, i riscontri degli investigatori fanno pensare che il numero dei casi attribuibili alla stessa mano sia ben più alto (16). Troppi gli elementi in comune: la zona (Whitechapel), la scelta delle vittime (sono tutte prostitute) e le modalità con cui uccide, mutilando i corpi con inaudita ferocia.
Tra i sospettati finiscono un avvocato di buona famiglia, un parrucchiere affetto da gravi turbe psichiche, un ex internato di un manicomio e un apprendista chirurgo. Anni di indagini non svelano l’arcano, lasciando l’assassino senza un volto e con un nome ripreso da una lettera inviata alla Central News Agency, in cui lo scrivente ammette di essere l’autore degli omicidi, firmandosi Jack the Ripper (in italiano “lo squartatore”).
Sul piano giornalistico, i delitti di Whitechapel diventano il primo caso del secolo, grazie alla contemporanea diffusione della stampa, favorita dalle nuove scoperte tecnologiche. Fonte letteraria inesauribile, il serial killer della Londra “vittoriana” ispira numerosi romanzi, racconti, serie televisive e film, che riprendono le diverse ipotesi sulla sua identità. Tra questi, la pellicola La vera storia di Jack lo squartatore (2001), con Johnny Deep.