Anatoly Karol. Questo il nome con il quale era registrato all’anagrafe l’ucraino 37enne che ha perso la vita durante una rapina che lui stesso ha sventato in un supermercato di Castello di Cisterna.
Antonio. Così lo chiamavano le persone che nel corso degli anni trascorsi all’ombra del Vesuvio, lo avevano conosciuto, vissuto ed avevano imparato a stimarlo, rispettarlo e volergli bene.
Sono loro a raccontare la vita di quell’italiano adottivo avvezzo a macinare sacrifici per conferire fondamenta concrete e solide a quel sogno di una vita semplice che lo ha portato a costruirsi una famiglia qui, in Italia, in provincia di Napoli.
Anatoly era un operaio edile, un muratore, viveva in Italia da molti anni ed era perfettamente integrato nella comunità di Castello di Cisterna.
Sua moglie è collaboratrice domestica, insieme riuscivano a vivere dignitosamente e soprattutto a badare ai due figli, un ragazzo di 14 anni e una bimba di un anno e mezzo. Quella bambina nei cui occhi saranno eternamente scalfite le, più o meno consapevoli, ultime scene di vita di quel padre che eroicamente è andato incontro alla morte. C’era anche lei, seduta all’interno del carrello della spesa, durante quei concitati attimi. L’impulso d’agire, non ha prevalso sull’amorevole e premuroso senso di protezione paterna: Anatoly ha prima messo in salvo la sua piccola, spingendola lontano dalla portata dei malfattori e poi ha tentato di sventare la rapina in corso.
È morto da eroe, uno dei tanti eroi silenziosi che occupano la balaustra dei margini dell’odierna società, figlio illegittimo dei tempi che corrono, alla ricerca di fortuna nel nostro Paese, allorquando, per fortuna s’intende il mero e tutt’altro che velleitario desiderio di una vita normale, scalfita da semplici e sommesse realtà: un lavoro che assicuri un tetto sotto il quale dormire e del cibo con il quale sfamarsi e se poi avanza qualche spicciolo, concedersi qualche piccolo e meritato piacere, una moglie, dei figli, una famiglia, la nostalgia, quella peculiare che insorge al cospetto dei ricordi riconducibili alla terra natia che s’infrange nel rassicurante e giustappunto più decoroso stile di vita proposto dalla terra adottiva.
Lui, Anatoly, quel sogno di vita normale era riuscito a radicarlo nei suoi giorni terreni e tutti coloro che conoscevano “Antonio” e la sua famiglia, raccontano immagini che lo confermano: una famiglia unita, serena, gioiosa, nella quale era possibile imbattersi spesso camminando lungo le strade del paese. Un uomo umile, un lavoratore instancabile innamorato della sua famiglia: questo era Antonio.
La famiglia Piccolo, proprietaria dell’omonima catena di supermercati – al quale appartiene anche quello di Castello di Cisterna in cui Anatoly ha perso la vita proprio per sventare il tentativo di rapina – ha fatto sapere di essere più che ben disposta ad aiutare la famiglia del defunto muratore, autore di un autentico atto di coraggio, palesando totale disponibilità nel sostentamento della moglie e dei figli. Una tragedia di portata indicibile, scandita dal pianto disperato della moglie di Anatoly che ha accompagnato il furgone della polizia mortuaria giunto ieri sera in via Selva per portare via la salma dell’uomo.
Il sindaco di Castello di Cisterna, Clemente Sorrentino, si è detto disponibile ad ogni iniziativa in favore della famiglia: intanto, provvederà ai funerali.
Percorre la medesima direzione, anche un’altra iniziativa sorta in queste ore, dense d’incredulità e dolore: “In memoria di Anatoly”.
Chiunque voglia fornire un concreto gesto d’aiuto alla famiglia dell’”eroe di Castello di Cisterna” può effettuare un bonifico sul c/c n. 103052810, intestato all’Associazione senza scopo di lucro ‘Insieme’, presso Unicredit SpA – Agenzia Napoli Piazza Bovio, 22 (codice Iban: IT56E0200803475000103052810) oppure inviare un vaglia postale a questo indirizzo: Associazione Insieme – Via Calata San Marco, 13 – 80133 – Napoli, con la seguente causale: »In memoria di Anatoly«.
Anatoly è un padre che ha lasciato in eredità ai suoi figli un lancinante lutto nel quale è relegata un’eredità morale dal valore inestimabile che rende la sua morte ancor più dura da accettare, perché tanto lascia intravedere di quei valori e di quegli insegnamenti che avrebbe potuto, dovuto e voluto impartire a quei figli, condannati a vivere senza il bene più prezioso che la vita stessa gli aveva concesso: l’amore, la presenza, i baci di Anatoly, “uno straniero come tanti”, Antonio, un italiano adottivo che ha saputo impartire una sonora lezione d’altruismo a coloro che ostinano a decantarsi “italiani veri”.