Anatoly Karol, ucraino di 37 anni è morto da eroe, mostrando quel volto dell’integrazione che fingiamo di non voler vedere o al quale non sentiamo il bisogno di conferire attenzione, ma al quale, al cospetto di notizie simili, doverosamente rivolgiamo un doveroso sguardo d’approvazione.
Anatoly ieri sera era nel supermercato della catena “Piccolo” di Castello di Cisterna con la sua bambina di un anno e mezzo, adagiata nel carrello della spesa. Una consueta scena di vita familiare irrimediabilmente graffiata dagli spari e sporcata dal sanguigno rantolo della morte.
L’uomo non ha esitato a mettere in sicurezza la piccola per affrontare i due banditi che, all’interno dello stesso supermercato, hanno messo a segno una rapina ed era riuscito a bloccarne uno, ma quello slancio d’impavido altruismo gli è costato la vita.
I due banditi arrivano a bordo di una moto, abiti neri, maschere in volto e caschi integrali, armi in pugno. Anatoliy, con la sua piccola seduta nel carrello, ha da poco pagato il conto e si sta allontanando. Ma si accorge di quello che sta accadendo. Non ha dubbi sul da farsi: mette al sicuro la figlia e torna dentro, affronta i rapinatori. Ingaggia una colluttazione violenta tra le urla e gli sguardi terrorizzati dei presenti, riuscendo a bloccare uno dei due malviventi, mentre l’altro gli punta contro la pistola e fa fuoco. Due colpi, uno alla gamba destra e l’altro alla milza. Poi, a sangue freddo altri due, alla nuca. Colpi ai quali si aggiungono le coltellate. Eppure, il tappo di una penna di colore rosso, rinvenuto sulla scena de delitto da parte degli inquirenti, ha insinuato il sospetto che i due malviventi possano averla utilizzata come arma per trafiggere lo sfortunato ucraino.
Dopodiché, i due banditi lasciano a terra il bottino e fuggono in sella ad una moto. Dal corpo sanguinante di Anatoly trasudano respiri sempre più lenti. I dipendenti del market fanno di tutto per salvarlo, per rianimarlo. Respiri lievi che lo accompagnano fino all’ultimo quando, nonostante i soccorsi spira sul freddo pavimento del supermercato. Il suo corpo esile nascosto dietro un telo bianco, in un silenzio abissale rotto solo dalle stridenti urla di dolore e disperazione della giovane moglie e del figlio 14enne già grande per capire, ma troppo giovane per poter crescere senza un padre. Intorno il vuoto. Conoscenti, gente del quartiere, i tanti amici della comunità ucraina che è in zona.
Una scena drammatica, consumatasi in un lampo di fugaci e feroci attimi, davanti a decine di clienti e alla folla che contraddistingue l’orario di chiusura del supermarket in via Selva, a ridosso del popolare quartiere della Cisternina.
Per Anatoly non c’è stato nulla da fare. È morto quasi subito. Da lontano la sua bambina ha visto tutto, forse senza rendersi conto della tragedia. Inutile il tentativo disperato di rianimarlo dei dipendenti del supermercato, Anatoly è morto lì, mentre si consumava un’ordinaria scena di vita quotidiana, perché il senso del dovere e il generoso desiderio di salvaguardare delle vite umane, ha prevalso sul più cinico, consueto ed egoistico istinto di sopravvivenza.
Anatoly è morto da eroe, quando, in realtà, avrebbe dovuto e voluto solo fare ritorno a casa, con la sua bambina, dalla sua famiglia. Ha scelto, invece, di privilegiare la strada più impervia e truculenta, quella che lo ha condotto dove non avrebbe mai meritato di finire.
Al vaglio degli investigatori le immagini delle telecamere di videosorveglianza. In quei fotogrammi si cerca qualche dettaglio utile per risalire all’identità dei due criminali.