Nel mare di polemiche bisbigliate e urlate a Roma, prova a venire a galla il prete che ha celebrato la Messa, giustificando il suo operato in quanto responsabile soltanto di ciò che avveniva all’interno delle mura della chiesa.
Nulla sapeva della carrozza che sfilava nei dintorni. Né delle gigantografie del boss che, contemporaneamente alla celebrazione ma fuori dalla struttura religiosa, lo proclamavano “Re di Roma“, vestito di bianco, con la corona e una croce appesa al collo che lo riconducevano a una figura un po’ papale e un po’ regale (anche perché la sua immagine era accostata a quella sia storica del Colosseo sia religiosa del cupolone).
Come regale è stato il funerale nel suo complesso. Uno sfarzo inaudito, ridondante tra le strade della capitale, sotto gli sguardi attoniti dei passanti e il pianto rumoroso dei parenti del malavitoso Vittorio Casamonica.
Morto a sessantacinque anni, insieme all’omonimo clan era stato considerato colpevole di usura, racket, traffico di stupefacenti…
Omaggiato con una carrozza d’epoca nera dai bassorilievi dorati e pennacchio nero, trainata da sei cavalli neri, un elicottero privato sospeso a lanciare petali di rosa, dodici Suv e limousine, musicisti a intonare in orchestra la colonna sonora de “Il padrino“, sulla tomba la foto di Padre Pio. “Hai conquistato Roma, ora conquista il Paradiso” è un altro slogan che ribadisce la blasfemia di questo imprevedibile triste spettacolo.
Definito un “funerale show“, unico nel suo genere, ha sentito nelle ore successive moltiplicarsi le lamentele di chi chiedeva una plausibile (anche se retorica) spiegazione a tutto il caos proprio di un carnevale, una festa in maschera, o comunque quanto di più lontano dalle consuete celebrazioni in onore di un defunto: il ministro dell’Interno Angelino Alfano ha chiesto una relazione dettagliata al prefetto Franco Gabrielli, Sel si è rivolto al Parlamento per informazioni sull’aspetto legale dell’accaduto, il sindaco Marino ha preteso accertamenti.
Nonostante i tentativi di difesa del sacerdote, la stessa Basilica di San Giovanni Bosco a Cinecittà è stata protagonista di altre vicende finite sui giornali: per esempio il caso Piergiorgio Welby, malato di Sla che nel 2006, ormai in fase terminale, aveva chiesto di staccare la spina e per questo gli erano stati negati i funerali religiosi; o ancora prima, nel ’90, l’episodio del rito funebre del boss della Magliana Renato De Pedis, poi sepolto nella Chiesa di S. Apollinare.
Il mondo politico si dichiara spiazzato, le associazioni antimafia sconvolte. Si attendono soltanto i commenti di papa Francesco che sicuramente arriveranno nell’omelia di domenica prossima, dopo la sua scomunica dei mafiosi ribadita qualche mese fa.