Chi vive alle pendici del Vesuvio impara a convivere con quel mix d’incerto timore. Chi vive nella zona Flegrei, invece, tende a dimenticare che quella medesima minaccia ribolle nel sottosuolo. Un’ allerta che nelle ultime ore è riemersa in superficie.
Il sollevamento del suolo, avvenuto nell’area dei Campi Flegrei tra il 2012 e il 2013, è stato causato dalla ripresa dell’attività del magma del supervulcano, sotto l’area urbana di Napoli.
Il magma è risalito fino alla profondità di 3 chilometri e ha generato un piccolo lago sotterraneo del raggio di 2-3 chilometri che ha fatto sollevare il suolo di circa 10 centimetri. Pubblicata sulla rivista Scientific Reports, la scoperta si deve all’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv) e al Consiglio Nazionale delle ricerche (Cnr) ed è basata su dati satellitari e Gps. Secondo gli autori il magma nel lago sotterraneo può raffreddarsi rapidamente e potrebbe renderlo meno capace di produrre eruzioni. In precedenza, il sollevamento del suolo (bradisisma) dell’area era legato all’immissione di fluidi idrotermali (acqua e gas) nelle rocce della caldera e non all’attività del magma. Quella dei Campi Flegrei è la struttura vulcanica più pericolosa d’Europa, capace di eruzioni molto violente ma per fortuna rare. Negli ultimi 10 anni il suolo si è sollevato di quasi 30 centimetri, tanto che nel 2012, il Dipartimento della Protezione Civile ha innalzato dal verde (quiescenza) al giallo (attenzione) il livello di allerta dei Campi Flegrei. «La previsione delle eruzioni vulcaniche nelle caldere come quella di Campi Flegrei presenta, a volte, difficoltà maggiore rispetto ad altri vulcani», sottolinea D’Auria. «La risalita e l’intrusione del magma all’interno del lago sotterraneo – aggiunge – potrebbe essere il normale ciclo di vita delle caldere». Il lago sotterraneo di magma è probabilmente comune ad altre caldere (ad esempio Yellowstone negli Stati Uniti) e secondo D’Auria, «era già presente nel sottosuolo dei Campi Flegrei e probabilmente è stato attivo durante le crisi bradisismiche degli scorsi decenni». Lo studio è stato possibile grazie ai dati del programma COSMO-SkyMed (sviluppato da Agenzia Spaziale Italiana (Asi) e Ministero della Difesa) e dai ricevitori Gps dell’Ingv-OV.
Una nuova tecnica, firmata Cnr e Ingv, in grado di calcolare le modalità con cui il magma profondo risale all’interno del sottosuolo, creando deformazioni anche millimetriche della superficie terrestre. Uno strumento fondamentale per monitorare il supervulcano e capire se si tratti di normali “pulsazioni” della caldera o di fenomeni in evoluzione continua. La caldera campana probabilmente è simile ad altre celebri sorelle nel pianeta, come Yellowstone negli Usa e Rabaul in Papua Nuova Guinea. Lo studio fornisce nuovi sistemi di monitoraggio utili ad affrontare eventuali future crisi vulcaniche. I dati acquisiti dai satelliti e dai ricevitori Gps della rete di sensori presenti nell’area dei Campi Flegrei servono per monitorare le deformazioni della superficie terrestre e conoscere, in tempo reale, l’andamento del sollevamento del suolo all’interno della caldera. È la nuova tecnica di monitoraggio messa a punto da un team di ricercatori dell’Istituto per il rilevamento elettromagnetico dell’ambiente del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Irea) e dell’Osservatorio vesuviano dell’Istituto Nazionale di geofisica a vulcanologia (Ingv-Ov), per comprendere meglio i fenomeni di sollevamento avvenuti in questi ultimi anni ai Campi Flegrei. Lo studio, che rientra tra le attività di monitoraggio promosse dal Dipartimento nazionale di protezione civile (Dpc) e di quelle svolte nell’ambito del progetto europeo Med-Suv (MEDiterraneanSUpersite Volcanoes), è stato pubblicato su Scientific Reports. “Grazie ai dati acquisiti dai satelliti Cosmo-SkyMed (messi in orbita dall’Agenzia spaziale italiana a partire dal 2007), dotati di sistemi radar, e dai ricevitori Gps della rete di sorveglianza geodetica Ingv-Ov, composta da ben 14 sensori sparsi nell’area dei Campi Flegrei”, spiega Susi Pepe, ricercatrice del Cnr-Irea, “è stato possibile studiare le deformazioni, anche millimetriche, della superficie terrestre e conoscere l’andamento del sollevamento del suolo all’interno della caldera in corrispondenza dei ricevitori”.