Esistono vite che nascono con il futuro già segnato, ancor prima di vedere la luce, per merito delle gesta di cui hanno saputo rendersi artefici i genitori.
Alla clinica Mangiagalli di Milano, nel corso delle ore antecedenti, è nato un bambino che fin dalle prime boccate d’ossigeno, ha palesato di far parte di questa categoria.
Si tratta del figlio di Martina Levato e Alexander Boettcher – i due amanti condannati a 14 anni di carcere per aver sfigurato con l’acido Pietro Barbini – nato con un taglio cesareo poco prima dell’una di notte e pesa 3,5 chili. Subito dopo il parto, su decisione del tribunale dei minori, il bambino è stato allontanato dalla madre che non gli ha potuto dare neanche la prima poppata e non lo ha ancora potuto riconoscere. Il neonato non ha ancora un nome ufficialmente, ma quello scelto dai genitori sarebbe Achille. Dopo il parto, al momento del taglio ombelicale i medici hanno appoggiato il bimbo sul seno di Martina, permettendole così di conoscerlo. Subito dopo però – dopo il bagnetto e i controlli di routine – non è più stato portato alla madre. Il provvedimento viene definito dal Tribunale “di prassi” e preso nell’esclusivo interesse del minore e in attesa che i giudici prendano una decisione sul futuro del bambino. Ma la tempestività con cui neonato e madre sono stati separati ha sollevato un autentico polverone. “E’ stata una barbarie vedere quel bambino portato via dalla madre. Nessuno poteva toccarlo, quasi fosse un appestato”: Vincenzo Levato, il padre di Martina, tra le lacrime racconta il momento in cui la figlia, è stata separata dal bimbo. Aggiunge anche: “Separare un bimbo dalla madre provoca un dolore mostruoso. Questa mattina una guardia giurata donna (una di quelle che presidiano la stanza della Levato) ci ha visto e si è messa a piangere”. “Quella che è avvenuta è un’atrocità – rilancia Patrizia Ravasi, la nonna paterna – Martina è stata condannata solo in primo grado. Non farle vedere il bambino è una lesione dei suoi diritti fondamentali. In più mio figlio, a cui è stato per due volte negato il permesso di poter assistere al parto, credo abbia saputo della nascita del suo bambino dalla televisione”.
La decisione è stata presa dal tribunale dei minori che ha dato apposite istruzioni all’ospedale. I giudici dovranno esprimersi entro metà della settimana prossima sul futuro del piccolo che potrebbe essere dichiarato adottabile oppure affidato ai nonni materni. Il termine della gravidanza era lunedì 17, ma il travaglio è iniziato venerdì mattina verso le 11, grazie a una leggera induzione medicale fatta dai ginecologi: nel tardo pomeriggio Levato è stata poi trasferita in sala parto. Nelle scorse settimane anche Boettcher, padre del bambino, aveva chiesto di essere presente. I giudici avevano però rigettato la domanda. Allo stesso modo, il Riesame nei giorni scorsi ha detto no alla richiesta presentata da Levato di trascorrere ai domiciliari i primi sei mesi di vita del piccolo. Il rigetto è stato motivato visto il rischio di “reiterazione” del reato. Non è detto che Martina torni a San Vittore quando sarà in grado di lasciare l’ospedale. Una delle possibilità è che vada all’Icam, l’istituto “a custodia attenuata” senza sbarre alle finestre e con guardie che non indossano la divisa, dove le mamme detenute possono restare con i figli fino ai tre anni di vita dei piccoli. Potrebbe rimanere lì in attesa della decisione del Tribunale dei minori, che dovrà stabilire se il bambino potrà restare con la madre (che in questo caso rimarrà all’Icam per i prossimi anni), oppure se dovrà essere affidato ai nonni (che hanno più volte detto di volersi far carico del compito educativo) o dichiarato adottabile. Levato dal 18 settembre dovrà anche affrontare un secondo processo, con rito abbreviato, insieme con Andrea Magnani, il bancario che secondo gli inquirenti sarebbe stato il complice della cosiddetta ‘coppia diabolica’.
Al centro del processo ci sono altre due aggressioni con l’acido, entrambe dello scorso novembre: la prima ai danni di Stefano Savi, vittima di uno “scambio di persona” e, per questo, rimasto sfregiato. E l’altra ai danni del fotografo Giuliano Carparelli, la vittima “prescelta” di Levato e Boettcher (Savi sarebbe stato, secondo l’accusa, scambiato proprio per lui) che però riuscì a salvarsi dal liquido corrosivo che gli era stato scagliato addosso proteggendosi con un ombrello. Anche a Boettcher la Procura di Milano muove le stesse accuse: il broker però non ha scelto l’abbreviato, ma il rito ordinario e per questo sarà imputato in un altro procedimento.
Intanto, una vita appena sbocciata, attende di conoscere quale sarà il destino che l’attende.