Non esistono “bambini di Serie b”.
Il contesto, familiare, sociale, culturale, concorre, senza dubbio, ad apportare un contributo cruciale nel delineare le predisposizioni e le ideologie dalle quali germoglierà l’indole degli uomini del domani.
Ma, sui nastri di partenza, i bambini sono davvero tutti uguali.
Coltivano gli stessi sogni, colorano gli stessi disegni, commettono perfino gli stessi errori grammaticali, mentre muovono i primi passi nel tortuoso mondo delle lettere, delle virgole e dei punti.
I bambini del parco Merola non sono un’eccezione, ma una finestra spalancata su un mondo pregno di buone intenzioni e desideri da ascoltare.
Quei bambini, i loro disegni, le storie che timidamente imbastiscono mettendo in pratica tutto quello che hanno appreso tra i banchi di scuola, rivendicano un’univoca ed essenziale esigenza: essere ascoltati.
Dai loro disegni, tra il susseguirsi di pensieri tinti tra le righe di un foglio, trapela tutta l’innocente e caparbia incapacità di porsi domande proiettate oltre la semplicistica quotidianità che scalfisce i giorni dell’infanzia. Sono bambini, nati e cresciuti in una periferia “difficile”, come quella di Ponticelli, come tutte le periferie in balia della povertà e della criminalità.
Eppure, Milone nutre una sconfinata passione per le buche ed è un ottimo “cacciatore d’insetti”, di qualsiasi genere e specie; Antonio e suo fratello Vincenzo mi hanno insegnato che gli anni, quando sei bambino, si contano in base alle abilità. Antonio sa disegnare e scrivere solo il suo nome, mentre Vincenzo è talmente piccolo che non sa neanche disegnare, ma sta imparando. Mario trascorrerebbe interminabili ore a disegnare il mondo che vive dentro di lui. Disegna emozioni, inconsapevole di farlo, come solo e soltanto un bambino può essere in grado di fare. Poi c’è Luciano, lui si definisce “un bambino cattivo”, allora, per indurlo ad impugnare foglio e matita è necessario inscenare una pantomima che lo porta ad assumere l’atteggiamento di chi ti sta facendo un favore, per non sminuire la sua fama di “bad boy”, inconsapevole della tenerezza che trapela dagli alberi e da sole che sorride che accolgono quel bambino, scalfito nei suoi disegni. Rosa è la sorellina di Raffaele, un bimbo vivacissimo e già scaltro, lei se ne prende cura, ma non è mai troppo impegnata da non poter buttare giù qualche riga o colorare un disegno che ritragga una di quelle scene che dondolano, tra realtà e fantasia.
I bambini del parco Merola sono circa cinquanta, non basterebbe un libro per raccontare la storia cucita negli occhi di ciascuno di loro.
I loro disegni, i loro pensieri, meglio di mille parole, raccontano quanto speciale sia la semplicità che nutre l’anima di questi bambini.