Un funzionario delle Nazioni Unite ha confermato l’esistenza di una lista che circola tra i combattenti dello Stato Islamico che mostra i prezzi di donne e bambine ridotte in schiavitù.
La notizia aveva cominciato a circolare lo scorso novembre, ma non era mai arrivata la conferma della sua autenticità, stavolta però, a confermare quello che il mondo sperava fosse solo un’esagerazione volta alla propaganda, è stato proprio un funzionario delle Nazioni Unite: Zainab Bangura, ovvero la rappresentante speciale del segretario generale delle Nazioni Unite per le violenze sessuali in zone di guerra, e ha dichiarato che il documento non solo è autentico, ma che contiene particolari di una brutalità incredibile.
La lista, diffusa sia fra i combattenti dello Stato islamico che presso altre persone del Medio Oriente, presenta bambini e bambine di età compresa tra i 1 e i 9 anni ad un prezzo di 165 dollari, circa 150 euro, mentre le ragazze adolescenti valgono circa 124 dollari ovvero poco più di 110 euro. I prezzi più bassi si hanno per le donne tra i 40 e i 50 anni.
«Le bambine vengono trattate come barili di petrolio – ha dichiarato – una bambina può essere comprata e venduta da cinque o sei uomini diversi. Talvolta questi combattenti rivendono le bambine alle loro stesse famiglie in cambio di migliaia di dollari di riscatto».
A Zainab Bangura è stato possibile provare l’autenticità del documento dopo che lei stessa ne è entrata in possesso durante una visita in Iraq lo scorso aprile.
In particolare, il funzionario dell’Onu ha rivelato che «Non si tratta di un gruppo di ribelli come altri: si tratta di un gruppo che combina i metodi militari con un’organizzazione statale vera e propria». Ed essendo diventato quasi uno Stato a tutti gli effetti, effettua operazioni di export. In questo caso la merce sono le donne, schiave, che vengono messe in vendita anche a persone che non appartengono allo Stato Islamico, ma a ricchi uomini provenienti da altre parti del Medio Oriente, che sborsano migliaia di dollari per comprarle.
In linea teorica, secondo il listino prezzi, è vietato acquistare più di tre donne, fatta eccezione per i turchi, i siriani e quanti provengono dai Paesi del Golfo. Le schiave che avanzano, vengono vendute ai miliziani jihadisti, e queste ultime, sono per lo più parte dei bottino di guerra dei miliziani. Appartengono alle comunità cristiane e yazidi che vivevano in quei territori conquistati nell’ultimo anno dalla barbarie jihadista. Il numero esatto delle schiave in mano jihadista non lo si conosce. Alcuni esponenti della comunità yazidi sostengono che siano oltre tremila, mentre Amnesty International molte centinaia.
Se la conferma dell’esistenza di un “listino prezzi per la vendita di donne e bambine” fa rabbrividire, si aggiunge allo sconcerto anche un altro documento: un opuscolo con i metodi in cui una donna va trattata. Inoltre, risponde alle più diffuse, terribili domande che vengono fatte ai mercanti di schiave dagli acquirenti, tra le quali figurano: è lecito avere subito rapporti con una schiava appena acquistata? È lecito vendere una schiava messa incinta dal suo padrone?
Secondo gli autori del pamphlet la giustificazione di tali comportamenti, quali: stupro, pestaggio e sesso con bambine in età prepuberale solo per citarne alcuni, è da ricercarsi nel Corano. Secondo un’interpretazione restrittiva dell’Islam, rifiutata e condannata dai rispettati leader religiosi di tutto il mondo islamico perché estrapola frasi decontestualizzandole, esiste una norma che permette agli uomini di prendere concubine in tempi di guerra.
Insomma, un vero e proprio allarme sociale, che non può lasciare indifferente il resto del mondo. Bisogna fare qualcosa al più presto per porre fine a questo continuo scempio verso l’umanità stessa.