Celebrando il decennale di attività del museo e il rapporto con il suo pubblico, il Madre presenta Axer / Désaxer. Lavoro in situ, 2015, Madre, Napoli – #2, il secondo dei due interventi appositamente commissionati, nel corso del 2015, all’artista francese Daniel Buren (BoulogneBillancourt, Parigi, 1938), uno dei massimi artisti internazionali. Congiungendosi al primo (Comme un jeu d’enfant. Lavoro in situ, 20142015, Madre, Napoli – #1, che resterà esposto fino al 29 febbraio 2016), anche il secondo intervento è costituito da un’opera di dimensioni architettoniche, concepita dall’artista per gli spazi del museo, ovvero in situ, espressione da Buren stesso più volte utilizzata per indicare la stringente interrelazione fra le sue opere e i luoghi in cui esse sono concepite e realizzate. Nell’atrio d’ingresso del Madre Axer / Désaxer. Lavoro in situ, 2015, Madre, Napoli – #2 rimetterà in asse l’edificio del museo rispetto alla via su cui il museo si affaccia, Via Settembrini, e, al contempo, sposterà il punto di vista usuale dell’ingresso dal suo asse prospettico, creando uno spazio di mobilità percettiva e cognitiva in cui – attraverso l’utilizzo di superfici colorate, di specchi e delle righe di 8,7 cm che caratterizzano gli interventi in situ dell’artista – l’interno e l’esterno, ovvero il museo e la sua comunità si compenetrano l’uno nell’altro, fino a confondersi fra loro. Ogni visitatore sarà così accolto e invitato a partecipare attivamente alla vita del museo, diventando protagonista della relazione fra sfera istituzionale e dinamiche pubbliche innescata
dalla trasformazione della zona di ingresso in uno spazio di visione, mediazione, attrazione e comunione reciproche, con cui Buren sospinge il museo verso la città e accoglie la città nel museo. Insieme, i due interventi presentati al Madre dall’artista francese nel 2015 formano quindi una grande mostra personale articolata nel tempo e nello spazio, vera e propria festa pubblica che celebra la presenza, l’attività e la necessità del museo in rapporto al proprio pubblico, entrambi elementi integranti, e collaboranti, del concetto di opera in situ. Formatosi all’Ecole des Métiers d’Art di Parigi, Daniel Buren, uno dei più influenti esponenti della riflessione storica sulle istituzioni sviluppatasi fra gli anni Sessanta e Settanta e denominata InstitutionalCritique, ha basato tutta la sua produzione su una stoffa da tende a righe di 8,7 cm, alternativamente bianche e colorate. Più recentemente, dagli anni Ottanta, Buren ha progressivamente accostato la realizzazione di opere di formato e destinazione museale a installazioni architettoniche in spazi pubblici. Profondamente legato alla città di Napoli, l’artista vi è intervenuto più volte, a partire dalla prima mostra presso la galleria di Lucio Amelio nel 1972 (a cui ne segue una seconda nel 1974), e in seguito anche al Museo Nazionale di Capodimonte con una grande mostra personale nel 1989. Fra i molti altri riconoscimenti, nel 1986 Buren ha vinto il Leone d’Oro per il miglior Padiglione nazionale alla Biennale di Venezia.
Per permettere i lavori di allestimento dell’opera in situ di Daniel Buren (Axer / Désaxer) al piano terra del museo, dal 25 agosto all’8 ottobre l’ingresso al museo Madre avverrà temporaneamente da Largo Donnaregina (lato destro del Museo Diocesano).
Apposita segnaletica direzionale sarà allestita per orientare i visitatori lungo il percorso di accesso.
Organizzata dal Madre in collaborazione con WIELS, Bruxelles e Haus der Kunst, Monaco di Baviera, Mark Leckey. DESIDERATA (in media res) è la prima retrospettiva, e la prima mostra personale in un’istituzione pubblica italiana, dedicata all’artista britannico Mark Leckey (Birkenhead, 1964), vincitore nel 2008 dei prestigiosi Turner Prize, promosso dalla TATE Britain e Central Art Award, promosso dalla KölnischerKunstverein di Colonia. A cura di Elena Filipovic e Andrea Viliani, la mostra presenta nuove produzioni accanto a un’ampia selezione di opere storiche, in ciascuno dei mezzi espressivi utilizzati dall’artista – scultura, installazione, performance e video (a partire dall’iconico video del 1999 Fiorucci Made Me Hardcore sulla cultura musicale giovanile dell’epoca, che impose l’artista all’attenzione internazionale). Rivelando la profonda e seminale influenza che l’artista britannico ha esercitato sulle generazioni successive, la ricerca artistica di Leckey opera al di là del campo specifico dell’arte, muovendosi costantemente al confine fra arte e vita quotidiana ed esplorando il modo in cui valori, narrazioni, simboli, feticci, oggetti (sia materiali che immateriali) ridefiniscono la sfera dei nostri desideri e fantasie più intime, plasmando la nostra identità e le nostre memorie. In questo modo Leckey analizza, nelle sue opere, l’inestricabile articolazione contemporanea fra cultura alta e cultura popolare, fisicità e virtualità, copia e originale, singolo e collettività, e ci indica come la nostra esperienza del mondo sia continuamente e inevitabilmente definita ormai da una molteplicità di sollecitazioni e fattori che contribuiscono a mettere in crisi il concetto stesso di identità unica e immutabile, rendendo labile il confine fra umano e tecnologico, come fra le differenti subculture in cui siamo immersi. In occasione della mostra è stata pubblicata un’estensiva monografia pubblicata in inglese da Walther Koenig, co-prodotta dal Madre con i musei partner. Inoltre un seminario, organizzato in collaborazione con l’Accademia di Belle Arti di Napoli nell’ambito del progetto MADREscenza Seasonal School, permetterà a studentesse e studenti dell’Accademia campana un incontro diretto con l’artista e i curatori, nelle vesti di visiting professors, in cui approfondire, durante le fasi di allestimento, i temi della mostra e gli aspetti principali della ricerca di Leckey.
L’intervento di Marco Bagnoli al museo Madre di Napoli, intitolato La Voce. Nel giallo faremo una scala o due al bianco invisibile, rientra nell’ambito del progetto L’ALBERO DELLA CUCCAGNA. Nutrimenti dell’arte, a cura di Achille Bonito Oliva e con il patrocinio di EXPO Milano 2015, che sarà presentato in simultanea su tutto il territorio nazionale il 10 ottobre, in occasione della XI Giornata del Contemporaneo AMACI-Associazione dei Musei d’Arte Contemporanea Italiani, articolandosi in vari interventi presso musei pubblici e fondazioni private. Il progetto di Marco Bagnoli al Madre ha ricevuto inoltre il supporto di Seda International Packaging Group. Una prima versione dell’opera La Voce fu realizzata dall’artista nel 197475, nella forma di una scala a pioli incastrata nel muro del suo studioabitazione milanese, attraversandolo diagonalmente: “scendendo e ascendendo”, l’opera stabiliva un arco lineare e un ponte ideale rivolto “all’empireo” (Germano Celant) quanto al terrestre, all’immateriale quanto al materiale, coniugando esperienza fisica e dimensione metafisica: i pioli della scala si allontanavano e si avvicinavano secondo un diagramma prospettico in tralice, una scala di toni armonici, di frequenze convergenti verso un punto visivo esterno e all’infinito. Nella successiva versione realizzata in ferro, la scala si appoggiava invece su un unico punto, che rendeva l’ascensione oggettivamente instabile, ma simbolicamente solida per l’utilizzo di un materiale come il ferro. Allestita da Adachiara Zevi nel 2009 presso gli scavi di Ostia Antica, La Voce assunse occasionalmente il simbolo della scala di Giacobbe disegnando ai lati 72 nomi di angeli. Nella nuova versione presentata al Madre, l’opera cambia nuovamente conformazione, sviluppandosi dall’interno della sala collocata nel secondo cortile del museo, fino a travalicarne il tetto ed espandersi nell’ambiente esterno. Appoggiata sul dispositivo luminoso di una “macchina stanca”, come scrive l’artista, la voce è emessa da un’ampolla e si dilatata in un riverbero sonoro che confluisce, attraverso il prolungarsi della raggiera dei pioli della scala, in un punto esterno alla stanza, dove è disposto il Sonovasoro (“sono vaso oro”, o “vaso sonoro”). Il testo emesso dall’opera è costituito, in relazione al tema della mostra L’ALBERO DELLA CUCCAGNA. Nutrimenti dell’arte, dal “menù di un pasto napoletano, scandito secondo un ordine matematico e combinatorio di pietanze che, alla fine, prolifera senza sosta: ogni parola è un lampo” (Marco Bagnoli).
La mostra al Madre, organizzata in collaborazione con Incontri Internazionali d’Arte e Polo museale della Campania, Villa PignatelliCasa della fotografia, segue e integra la retrospettiva che, nell’autunno del 2015, sarà dedicata all’artista da Camera-Centro Italiano per la Fotografia di Torino. A Napoli la mostra approfondisce in particolare il tema del ritratto e dell’autoritratto e quindi la matrice intimamente biografica di tutta la sua ricerca, in cui sono esplorati i temi della disintegrazione identitaria, dell’oppressione sociale, della povertà iniqua, dell’inermità del corpo, dell’abbandono e della solitudine in una situazione sospesa fra guerra e pace, così come l’inesauribile e insopprimibile ricerca della verità umana nelle pieghe del reale, temi che riecheggiano, attraversando i confini dello spazio e del tempo, la grande pittura barocca napoletana, come nelle tele del grande pittore spagnolo Jusepe de Ribera (Xàtiva, 1591-Napoli, 1652), alcune delle quali saranno accostate in mostra, in un inedito confronto, alle opere fotografiche dell’artista. Evocando inoltre anche altre possibili relazioni, come l’interesse per i “vinti” della pittura e della fotografia ottocentesca (come nelle opere della “Scuola di Resina”), fino alla ricerca di responsabilità personale e civile delle avanguardie storiche del primo Novecento, la mostra ci restituisce una galleria di ritratti e autoritratti al contempo disturbanti quanto universali nella loro urgente richiesta di dignità personale e collettiva. In occasione della mostra sarà disponibile un nuovo libro d’artista, la più estensiva pubblicazione dedicata ad oggi alla ricerca di Mikhailov, pubblicata da Camera-Centro Italiano per la Fotografia di Torino e Walther Koenig Verlag, con il supporto del museo Madre di Napoli.