Corrado Iacolare, nel corso degli ultimi anni, è morto più volte. Già, tra le false notizie e gli agguati ai quali è riuscito a sopravvivere, il boss legato al clan di a Cutolo, ha abbondantemente palesato d’essere duro a morire.
Stavolta, però, non sembrano esservi dubbi sulla cessata esistenza di uno dei fedelissimi di Raffaele Cutolo, deceduto quindici giorni fa, all’età di 75 anni, a causa di una malattia polmonare, in Paraguay, lontano da quella Campania dove, tra gli anni settanta e ottanta, ha concorso ad animare il clima di azioni ed operazioni criminali.
Originario di Giugliano, Iacolare divenne “celebre” in seguito al rapimento, da parte delle Brigate Rosse, dell’assessore regionale democristiano Ciro Cirillo: sarebbe stato lui a trattare per la liberazione del noto politico con servizi segreti e brigatisti.
L’uomo divenne latitante nel 1979 quando andò per carceri della Repubblica con lasciapassare dei servizi segreti; nel 1981 riuscì a fuggire assieme a Rosetta Cutolo, sorella del boss, all’irruzione della polizia nella casa di via delle Rose ad Ottaviano. Dato più volte per morto negli anni 1981-1982, quando le strade della provincia di Napoli furono bagnate dal sangue della guerra di camorra tra cutoliani e Nuova Famiglia, Iacolare fu bersaglio nel 1985 di uno spettacolare agguato di camorra stile Far West per le vie di Giugliano.
Oltre duecento bossoli e dieci killer sopraggiungere per uccidere Corrado Iacolare, allora 42enne e superlatitante della camorra. Il boss – con Vincenzo Casillo il numero due della banda di Raffaele Cutolo – era come scomparso nel nulla da quella primavera dell’ 81 quando l’ assessore regionale dc fu rapito dalle Brigate rosse e la sua scorta massacrata. Iacolare, in quella circostanza, riuscì a sfuggire all’ agguato. Il suo guardiaspalle e amico Antonio Maisto rimase ferito e successivamente arrestato mentre due medici (un ex-sindaco e l’ ufficiale sanitario del Comune) lo stavano operando. Più di una volta Corrado Iacolare è stato dato per morto, ucciso in una delle tante lupare bianche che hanno segnato l’ultimo periodo della “guerra delle bande” tra l’ 81 e l’ 82.
Un agguato preparato con cura. In via Dante Alighieri, a Giugliano, il boss con la sua guardia del corpo e consigliere Antonio Maisto, 32 anni, nipote del capo della vecchia camorra Alfredo, chiacchierano tranquillamente nel cuore del paesino. Si sentono protetti, ma non lo sono. Due auto – una Giulietta e una Ritmo, forse otto, dieci gli uomini a bordo – affiancano i due. Nel giro di pochi attimi la strada è invasa da una tempesta di piombo. Polizia e carabinieri troveranno oltre duecento bossoli sul terreno. La reazione di Iacolare e Maisto non è meno violenta dell’aggressione. Estraggono le pistole e rispondono al fuoco. Decine di persone cercano riparo dietro le auto, nei negozi, negli androni di via Dante Alighieri. Una donna, Maria Luisa Di Guida, 39 anni, non resiste alla tentazione di affacciarsi al balcone per vedere che cosa sta succedendo e viene colpita da una pallottola vagante alla gamba. I killer restano sorpresi dalla reazione armata delle vittime designate e abbandonano il campo disperdendosi in direzioni opposte.
Corrado Iacolare per decenni è stato additato come l’imprendibile uomo della camorra a cui Raffaele Cutolo ha affidato le sorti della sua organizzazione ormai sconfitta e allo sbando.
Ultimo depositario dei più segreti misteri della banda, Iacolare sa tutto della trattativa intercorsa nel carcere di Marino del Tronto tra il boss di Ottaviano, esponenti della Democrazia cristiana, uomini dei servizi segreti, brigatisti rossi. Per i pentiti della camorra e del terrorismo, era Iacolare – con Casillo (ucciso a Roma nel quartiere Primavalle da una bomba al tritolo collegata al motorino elettrico della sua Golf) – il falso agente che si accompagnava al colonnello Adalberto Titta del Sisde e al sindaco dc di Giugliano Clemente Granata, uomo di fiducia della famiglia Cirillo.
Nella seconda metà degli anni ottanta, Iacolare si trasferì in Sudamerica, vivendo in Brasile, Argentina, Uruguay e, infine, Paraguay. Pochi giorni prima di Natale, nel 1989, fu arrestato in una fazenda di Rosario, in Uruguay, a parecchi chilometri da Montevideo.
Iacolare fu assicurato alla giustizia italiana nel giugno del 1991 quando sbarcò a Roma a conclusione della procedura di estradizione. Per i magistrati doveva scontare otto anni per associazione camorristica e rispondere dell’accusa di dodici omicidi. Restò in carcere per poco tempo, scarcerato nei primi mesi del 1993.
In quel periodo di lui si tornò a parlare in merito alle indagini sui rapporti tra camorra e servizi segreti che avrebbero portato alla liberazione dell’assessore Cirillo nel 1981. Fu l’ultimo periodo di “notorietà” per Iacolare, che ha scelto poi l’oblio di una seconda vita in Sudamerica.
Fino all’epilogo sopraggiunto per effetto di una malattia e che sembra sancire la definitiva uscita di scena di un altro degli uomini cardine del clan di Cutolo, dopo la morte di Pasquale Barra, altra figura topica dell’organizzazione criminale capeggiata dal “professore”.