Vivere Napoli svestendosi dei rigogliosi e perentori abiti del pregiudizio: che tu sia un partenopeo purosangue o un turista, poco importa. Ancora una volta, questa si rivela la strada più giusta da perseguire per giungere al compimento di quel processo che consente alla propria anima di entrare in empatia con l’indole di questa terra, per carpirne, comprenderne ed apprezzarne l’essenza più estrinseca e sincera.
Lo conferma e lo ribadisce l’esperienza maturata da Anne Carrot, francese, dirigente di un’industria aerospaziale, rientrata in patria dopo 4 anni, non prima di aver consegnato una testimonianza tanto spontanea quanto accorata su una città della quale “non sopporto più che si parli male”. Afferma la stessa donna.
“Napoli? Da viverci, assaggiandola poco a poco come si sorseggia un buon vino. Ti arricchisce dentro. – aggiunge ancora la donna – Amarla dipende dalla tua personalità. Mi ha affascinata per la storia e l’architettura. Che posso aggiungere? Questa città è la vita.”
Una delle recensioni più spontanee ed apprezzabili mai giunte a supporto della vivibilità e del fascino di Partenope, assai più spesso abituata ad accogliere sonore critiche o autentici e sonori ceffoni camuffati in parole. Una città denigrata e mortificata, molto spesso dai suoi stessi figli, schierati in prima linea con una pietra ben salda tra le mani, pronti a scagliarla contro la propria terra, perché esasperati ed offuscati dai controsensoi, le brutture, le problematiche che, innegabilmente, animano e lambiscono l’ordinario protrarsi dell’esistenza all’ombra del Vesuvio. Permettendo, così, alla collera e alle acredini di offuscare ed avvelenare quel sentimento di naturale e genuino amore che fortemente lega Napoli ai suoi figli.
Napoli non va giudicata, ma vissuta.
Questo insegna l’esperienza di una turista che ha vissuto il capoluogo campano come e quanto basta per carpirne il vero volto. E questo è quanto sarebbe opportuno ricordare a noi stessi per primi, ogni tanto.