Da quando si è diffusa la notizia del folle incidente maturato in tangenziale nella notte a cavallo tra sabato e domenica, Napoli è una città sconvolta, stravolta, scioccata dalla morte tanto assurda quanto inaccettabile di due vite, avvenuta per mano di un automobilista che ha attuato una manovra inverosimile, percorrendo ben cinque chilometri in tangenziale a fari spenti e contromano.
La cronaca di una mattanza annunciata e che ha stroncato barbaramente due vite, attraverso quell’unico, letale schianto.
Mentre l’opinione pubblica è divisa e genera pareri severi, discordanti e perfino intransigenti nei confronti di Livia Barbato, la fidanzata del carnefice, seppure lei per prima, abbia pagato con la vita l’imprudenza attuata da ragazzo, tutti, di contro e all’unanimità, faticano a trattenere le emozioni pensando al rabbioso e beffardo epilogo che il destino ha disegnato nella vita del 48enne Aniello Miranda.
Quell’uomo percorreva la Tangenziale a quell’ora perché, come tutte le notti, doveva raggiungere la zona tra Pozzuoli e Quarto. Lasciava a casa la moglie Anna, i figli Mena e Angelo.
Viaggiava a bordo di quella Fiat Panda, ridotta a brandelli da quel cruento schianto, nel cuore della notte, per raggiungere l’area flegrea, dove risiede il deposito dell’azienda Yma di Pignataro Maggiore, che produce derivati del latte e succhi di frutta. Miranda distribuiva quei prodotti tra supermercati e salumerie: all’alba caricava e soltanto nel primo pomeriggio finiva il suo giro. Una vita di sacrifici, quella di Aniello, spezzata dalla follia di un giovane.
«Perdonare quell’assassino? Mai. In galera a vita deve stare».
Parole dure e pregne di dolore quelle di Anna, la moglie di Aniello. Ieri, nel giorno in cui avrebbe dovuto festeggiare il suo onomastico, si è vista, invece, costretta a fare i conti con il dolore più lancinante della sua vita.
Una vita distrutta, una famiglia privata di un padre e di un marito che viene descritto come un lavoratore instancabile ed un animo discreto e gentile.
«Prima di scendere da casa, erano le 3.45 – racconta la moglie dello sfortunato trasportatore nel corso di un’intervista rilasciata a “Il Mattino” – Aniello mi ha raccontato il suo strano sogno. ”Anna, mi ha detto, ho sognato che i carabinieri mi arrestavano. Proprio a me che amo solo piante e giardini. Che strano sogno”. Io gli ho detto: sono le anime del purgatorio, non ti preoccupare. È un modo di dire di noi torresi, secondo interpretazioni che si tramandano di padre in figlio, sono le anime del Purgatorio che accorrono in aiuto. Ma, forse, era un triste presagio. Lui mi ha dato un bacio ed è partito tranquillo come sempre».
Anna ha carpito un primo presagio d’allarme in quella telefonata giunta alle 4.40 dall’azienda. Erano i colleghi preoccupati, perché non lo vedevano arrivare, «perché lui, Aniello, era sempre puntuale».
Pertanto, i colleghi di Torre del greco hanno deciso di mettersi in auto ed andare a cercarlo. «Sì – riprende Anna – i colleghi si sono precipitati sulla Tangenziale, sul suo percorso abituale, anche se non sapevano che cosa era successo. Momenti terribili. Poi, all’alba un’altra telefonata e ci siamo dati appuntamento al Policlinico. Avevano parlato di ferite gravi. Infine la conferma della tragedia e noi che giravamo su e giù per l’ospedale in cerca di Aniello, che non c’è più. Povero marito mio, un uomo onesto e buono morto per la follia di altri. Spero che all’assassino diano l’ergastolo e di perdono non voglio neppure sentire parlare. Semplicemente vogliamo giustizia per mio marito, per noi».
Aniello Miranda, 48 anni, lascia una figlia, Mena, di 21 anni, studentessa iscritta alla facoltà di scienze dell’educazione e un figlio, Angelo, di 18 anni, diplomatosi quest’anno.
«Mio marito era una persona perbene, un padre che ogni mattina si alzava all’alba per andare a lavorare. Viveva in funzione della famiglia, ha cresciuto i figli educandoli al rispetto verso gli altri e verso sé stessi. Non beveva, non fumava e ai nostri ragazzi raccomandava di fare lo stesso, imponendo loro di rientrare presto la sera, di fare una vita regolare e di stare lontano da droga e alcool. Per uno scherzo beffardo del destino è stato ucciso da un folle che guidava ubriaco.»
Rabbia, dolore e devastazione inondano le vite dei componenti della famiglia che Aniello aveva costruito, insieme ad Anna, e per amore della quale, anche quella sera, stava compiendo quel viaggio in tangenziale. Una tragedia grande, immane, indicibile e che, probabilmente, non troverà mai un palliativo. Forse, nemmeno quando la giustizia avrà compiuto il suo corso.