La macchina del fango è un subdolo e cinico meccanismo indotto che puntualmente viene azionato quando quella frangia di organi d’informazione il cui operato risulta animato da una nutrita vena discriminatoria, fiuta nell’aria la possibilità di agganciarsi ad una notizia per praticare il loro sport preferito: “lo Sputtanapoli”.
Tanto semplice quanto immediato l’effetto domino che s’innesca quando al nome della città di Napoli si affianca una vicenda di malcostume o di matrice criminale o comunque volta a lasciar emergere il volto più brutto e meno edificante della città e dei suoi abitanti. E poco importa se la notizia necessita di un ritocchino o di una “leggera” gonfiatura per sortire l’effetto desiderato. Dimenticando, per giunta, che è preciso dovere di chi fa informazione, divulgare notizie veritiere, sincerandosi della veridicità e dell’attendibilità della fonte.
Stavolta è accaduto nell’ambito dell’esibizione della cantante Malika Ayane, avvenuta ieri sera proprio all’ombra del Vesuvio e che secondo alcuni media sarebbe stata brutalmente interrotta dal lancio di bottigliette ed oggetti di varia natura da parte del pubblico.
A fornire l’esatta dinamica dei fatti è stata la stessa cantante, attraverso un post pubblicato su facebook:
”Napoli questa mattina ha una luce meravigliosa, un peccato lasciarla. Approfitto però della strada verso l’aeroporto per dire la mia su ieri sera che a leggere Twitter o i siti di quotidiani sembra sia successo chissà cosa. Gianni Riotta mi ha telefonato qualche giorno fa per invitarmi al suo programma. Gianni è una persona gentile e un paio di anni fa si è lasciato intervistare da me salvandomi dal buco nero degli ospiti nella prima edizione di ‘Sold Out’ e poi ero di …strada, ovvio che abbia detto si. Ho chiesto di non essere coinvolta in discussioni a sfondo politico perché, pur avendo un’opinione, siamo in un momento in cui capita che le opinioni si urlino – sinceramente a me non piace urlare – e perché volevo evitare che le mie parole potessero essere fraintese o strumentalizzate. Mi piaceva l’idea che ad un programma in cui si discute ‘cosa succede in Italia’ ci fosse spazio anche per “altro”, non solo per l’analisi di drammi e difficoltà. Perché in Italia succedono moltissime cose, per fortuna.
Infatti non mi è stato chiesto di dare nessun contributo verso temi delicati e il dibattito è stato lasciato a chi, piaccia o non piaccia, di lavoro si occupa di politica. Il motivo per cui ho smesso di cantare è molto semplice. Nessuno mi ha preso a bottigliate come ho letto in giro, ho visto una bottiglia di plastica sfiorare Brando e ho visto contestatori e polizia correre, il pubblico dentro la transenna attonito e spaventato. quando ho percepito un clima teso e surreale mi sembrava di estremo cattivo gusto rimanere sul palco a favore di camera. Nessuna indignazione, mi sentivo solo un filo fuori luogo. Se fossi rimasta lì a finire di fare il mio lavoro, forse non se ne sarebbe accorto nessuno.”
Una vicenda che appare inequivocabilmente chiara, al pari dell’intenzionalità celata nell’artificioso raggiro alla quale è stata sottoposta da parte di quella frangia popolare e mediatica che seguita a ringalluzzire stereotipi e luoghi comuni che, semplicemente, non rendano giustizia all’Italia, perché anche Napoli è parte della nazione.
Anzi, è una parte integrante della nostra nazione.