Ancora le Vele.
Ancora droga.
Ancora un’operazione della Polizia di Stato.
Ancora degli arresti.
Nove, per l’esattezza.
Lo spaccio di stupefacenti: il business più acclamato e famigerato riconducibile a quel fatiscente contesto costellato da palazzoni decrepiti e giochi di luci ed ombre, ispiratore di best seller, pellicole cinematografiche ed innumerevoli servizi televisivi, oltre che di dibattiti che per tempo immemore hanno tenuto banco, nei più autorevoli e quotati salotti televisivi, così come nei contesti caratteristici della vita reale. Il bar degli amici, il banco del salumiere, il chiosco del fioraio.
In quest’ultima circostanza, le indagini hanno permesso di accertare il coinvolgimento degli arrestati nell’attività di spaccio di stupefacenti all’interno delle Vele consentendo per ognuno di individuare il ruolo e le funzioni. I destinatari dei provvedimenti risultano collegati al gruppo della cosiddetta ‘Vanella-Grassi’, operante a Scampia e Secondigliano.
Scene viste e riviste nelle famigerate pellicole d’autore, così come lungo i set della vita reale. Laddove la realtà si fonde con la finzione e non si capisce dove finisce l’una ed inizia l’altra e come, quanto e in che misura l’una influenza e condiziona l’altra, suggerendo slang, mimica, intenzioni, azioni.
La realtà supera la finzione, quasi sempre.
La finzione emula la realtà, puntualmente ed impeccabilmente.
Quanto c’è di reale nella finzione è difficile se non impossibile stabilirlo con assoluta attendibilità.
In quella complessa ed articolata sfaccettatura di mondo, in cui il crimine, l’illecito e la quotidianità vengono subordinate a regole ben precise, andando a delineare scenari ben più scaltri e talvolta finanche sanguinari, vicini eppur paradossalmente distanti dalla nostra “normalità”.
“Lo sanno anche i sassi che nelle Vele accade questo… Tutte le volte che avvengono fatti nuovi, però, tutti si meravigliano… Com’è giusto che sia davanti ad ogni “segreto di Pulcinella” che si rispetti.”
“Quelli lo fanno apposta per rendere credibile la trama di Gomorra, altrimenti nessuno se lo vede più!”
Questi sono alcuni dei commenti degli abitanti di Scampia al cospetto della notizia degli ultimi arresti avvenuti nelle Vele.
Le Vele, chiacchierate, temute, eppur rappresentano una delle strutture architettoniche napoletane più famigerate al mondo, anche se in molti ignorano “la loro storia”.
Una storia che narra un’opportunità mancata e sovvertita da diverse vicissitudini. Una costante che si ripete lungo i marciapiedi del meridione.
Le Vele sono sorte negli anni ’60 e vantano un progetto architettonico unico nel suo genere, oltre che frutto dell’influenza di diversi stili e suggestioni edilizie. Il complesso era collocato nell’ambito di un progetto abitativo ben più ampio che prevedeva l’insorgenza di un complesso similare anche nel quartiere Ponticelli, quindi nella zona Est di Napoli.
Scampia e Ponticelli: due quartieri ubicati agli antimeri opposti della città, geograficamente distanti, eppure, idealmente ed emotivamente, tanto, troppo vicini.
Accomunati dallo stesso, articolato e tortuoso destino, oltre che dalle medesime scene di sanguinaria criminalità. In ambedue i quartieri, quegli edifici, sono sinonimo di disagio, degrado ed abbandono. Una sorta di “fossa comune” all’interno della quale seppellire le brutture, i limiti, le difficoltà, il degrado e lasciarli marcire nell’indifferenza, nella diffidenza, nell’abbandono, affinché non contaminino il circondario.
L’idea del progetto che ha portato all’insorgenza delle Vele nel cuore di Scampia, prevedeva grandi unità abitative dove centinaia di famiglie avrebbero dovuto integrarsi e creare una comunità, grandi vie di scorrimento e aree verdi tra le varie vele; una vera e propria città modello, ma varie cause hanno portato a quello che oggi viene definito un ghetto, in primis il terremoto dell’Irpinia del 1980, che portò molte famiglie, rimaste senzatetto, ad occupare più o meno abusivamente gli alloggi delle vele. Questo fece sì che varie furono le culture che si intrecciarono e come talvolta succede, a prevalere furono illegalità, abusivismo, prevaricazione in varie forme.
A questo intreccio di eventi negativi si è associata la mancanza totale della presenza dello Stato: il primo commissariato di Polizia fu insediato nel 1987, esattamente quindici anni dopo la consegna degli alloggi. La situazione ha allontanato sempre di più una parte della popolazione, lasciando il campo libero alla delinquenza. Ecco che allora i giardini sono il luogo di raccolta degli spacciatori, i viali sono piste per corse clandestine, gli androni dei palazzi luogo di incontro di ladri e ricettatori.
Tra il 1997 ed il 2003 sono state abbattute 3 delle 7 strutture iniziali. Attualmente restano in piedi ancora 4 strutture, di cui non si conosce ancora il destino.
L’anima ed il sentimento di disfatta ed incompiuta rivalsa che vive imprigionato nelle Vele trova la sua più completa esternazione nell’affermazione di un uomo che per oltre 80 anni ha vissuto a Scampia, sempre e solo a Scampia: “Potrebbero fare 10 perquisizioni al giorno nelle Vele e troverebbero sempre qualcosa da sequestrare, qualcuno da arrestare… Tutti i “professori” che sono passati di qui, durante questi anni, davanti alle Vele hanno fatto tanti bei discorsi, pieni di tante parole, belle parole, parole importanti… E quasi tutti si chiedevano e ci chiedevano “Perché proprio nelle Vele?”… Beh, è come chiedere perché in pizzeria si servono le pizze. L’unica differenza sta nel fatto che se il proprietario della pizzeria non paga le tasse e non rispetta le leggi dello Stato, il locale glielo chiudono.”
Ecco, le Vele sono questo: “la pizzeria abusiva di droga più famosa al mondo”.