5 luglio 1962: il Governo provvisorio algerino dichiara la giornata nazionale dell’indipendenza.
Il generale Charles De Gaulle aveva infatti portato la Francia alla fine del nazismo e condotto la colonia francese al di là del Mediterraneo al diventare soltanto ex.
Per questo la sua figura è ancora oggi ricordata, ossia per il suo ruolo importante che gli ha permesso nei secoli di storia di diventare un nome sulle bocche di tutti.
In Algeria era presente almeno un milione e mezzo di bianchi, che non volevano l’indipendenza di questo Stato. Questo territorio era chiamato “la Francia d’oltremare” e i coloni francesi, denominati “pieds-noirs”, si trovavano lì già dai tempi di Napoleone III. La loro opposizione era da ricondursi ai benefici economico-finanziari che erano certi poter continuare a trarre dalla colonia. La loro voce era minoritaria ma comunque rilevante, dal momento che rappresentavano un ottavo della popolazione. Giuridicamente, politicamente e a livello sociale, gli Arabi erano considerati inferiori, nonostante la superiorità numerica.
Dal primo novembre 1954 iniziò la lotta armata degli Algerini, che durò otto anni, fino al 19 marzo 1962, e pretendeva di vedere riconosciuta la libertà agognata. Tra le vittime, oltre un milione e mezzo di anime, non soltanto appartenenti al Fronte di liberazione nazionale o altri schieramenti indipendentisti.
Installazioni militari, posti di polizia, magazzini e mezzi di comunicazione erano diventati l’obiettivo nel mirino del Fronte. Il ministro degli interni francese, Mitterrand, iniziava a pensare alla guerra come l’unico modo possibile per azzittire la loro crudeltà e i loro attacchi fisici e verbali, che avvenivano anche sul fronte francese.
La lotta del popolo algerino, tuttavia, si credeva legittimata dagli atti dei Francesi che andavano a minare i diritti umani degli Arabi.
Bilancio definitivo di una serie di attentati ed azioni politiche di questo periodo fu: dodicimila aggressioni, novemila feriti, quattromila morti. Il Fronte nazionale uscì vincitore grazie a manovre ausiliarie quali l’istituzione di sindacati, associazioni professionali, organizzazioni studentesche e femminili. Ulteriore “agevolazione” era l’utilizzo della violenza in modo indiscriminato, contro chiunque potesse assumere le sembianze di un dittatore.
Nel febbraio 1959 De Gaulle si confermò presidente della quinta repubblica e avviò un processo negoziale col Fronte di liberazione algerino. Dopo gli accordi di Evian lo Stato africano potè finalmente vantare un’indipendenza: un referendum, a cui il generale invitava i concittadini a rispondere in maniera affermativa, proponeva la liberazione dell’Algeria.
In questo modo De Gaulle giustificava questa strategia: lo Stato del Nordafrica minava, secondo i suoi calcoli, la credibilità della Francia sulla scena internazionale, oltre a prosciugarla economicamente.
Liberarsene, quindi, iniziava a configurarsi come la soluzione migliore ai problemi che da tempo affliggevano lo Stato europeo.