Si è concluso ieri sera l’Ischia Film Festival.
Una settimana, sette tramonti, sette sere, sette notti, pregne di film, cultura, magia ed emozioni. Suggestive, iridescenti, indescrivibili. Puntualmente inedite, tutt’altro che scontate, sempre capaci di scalfire successioni di volti, colori, suoni. Diversi, tutti da percorrere, osservare, scoprire, raccontare, annotare.
Un evento ideato con il lungimirante intento di far conoscere al grande pubblico opere audiovisive, spesso inedite, che attraverso il racconto filmico e le location hanno sottolineato l’identità culturale di un luogo.
Un festival cullato in una location mozzafiato che concorre e non poco ad imprimere marcate e decise pennellate di magia all’atmosfera di per sé carica di spessore: il Castello Aragonese, uno scenario fiabesco incastonato tra acque cristalline e uno sconfinato mantello di cielo, pronto sempre ad accogliere bagliori di luci, stelle e luna.
Una favola impreziosita ed arricchita dal fiume di pellicole d’indiscutibile pregio che ne rappresenta l’anima preponderante. Film, cortometraggi, opere capaci di esaltare e valorizzare luoghi e contesti della cui esistenza, diversamente, forse, non saremmo venuti a conoscenza. O, almeno, non sarebbero confluiti nelle nostre vite mediante quell’ondata di ammaliante ed enfatico fascino naturalmente offerto dall’Isola verde: “un territorio utilizzato per valorizzare dei territori”.
Un territorio, a sua volta, valorizzato, attraverso l’interpretazione del ruolo di tutt’altro che statica cornice che lambisce e scalfisce in maniera encomiabile l’evento, conferendogli le regali spoglie della manifestazione di caratura internazionale.
Percorrendo le strade ischitane, difatti, è tanto semplice quanto immediata la conquista della sensazione di “riscoperta” che, di passo in passo, s’insinua dalla punta dei piedi per impadronirsi di ogni cellula epiteliale: il piacere, il valore e l’importanza delle peculiarità della nostra terra; l’emozione, insita nella forma d’amore più elevata e semplicistica, come quella che solo e soltanto un nonno nutre per i suoi nipoti e che gli impone di spingersi ben oltre i propri limiti per imparare a smanettare con una tastiera digitale, pur di confezionare un videomessaggio da inviare al suo cucciolo d’uomo, affinché non patisca la mancanza delle sue buffe smorfie; la solidale e vincente complicità che può instaurarsi tra colleghi, quando delle anime infervorate da valori ed ideali affini s’incontrano, scoprendosi incapaci di seguire la spregiudicata e cinica logica di mercato che imporrebbe di guardarsi come “competitor”, ma, piuttosto, spontaneamente percorrono il ben più disteso e costruttivo percorso dell’amicizia.
Perfino le cosiddette “celebrità” appaiono disadorne da quell’aurea d’inarrivabile sovranità che, sovente, l’immaginario collettivo tende a cucirgli addosso, per assumere fattezze ben più “terrene”.
Tuttavia, risulterebbe qualunquistico e svilente appioppare al festival la buonista etichetta di “sogno”, se non fosse anche solo per il fatto che si tratta di emozioni ed avvenimenti ampiamente documentati e documentabili.
Un ricordo: l’Ischia Film Festival, all’indomani della sua XIII edizione è un’emozione che non merita di sbiadire accantonata tra le cose di poco conto. Per l’appunto, personifica un pregevole ricordo da custodire tra le patinate pagine delle esperienze da sfogliare, condividere e risfogliare. Ancora.