Emblematica è la foto, una delle tante fra le tante, comparsa sul web in questi giorni, subito dopo la strage dei turisti in Tunisia nell’attentato di matrice terroristica consumato sulle spiagge di Sousse il 26 giugno.
Quella foto che pugnala al cuore, che ferisce gli occhi, che tutto dice e niente lascia all’immaginazione.
Quella foto, una delle tante fra le tante, che più di tutte testimonia l’attimo stesso della fine di una vita innocente.
Due sandali e un giornaletto di Sudoku non ancora completato, abbandonati sotto l’ombrellone in attesa che ritorni il proprietario, quello stesso proprietario che ha intriso col suo sangue il giornaletto e che mai più farà ritorno.
Una vita spezzata a colpi di kalashnikov e una foto che riassume in pieno la follia di pochi istanti.
La foto diventa un libro nel quale è descritto l’ultimo istante di una vita intera e che, con tutta probabilità, sarebbe stata molto più lunga, se il proprietario di quei sandali, non avesse incrociato la strada del suo assassino, se non avesse deciso che proprio la meravigliosa Tunisia, doveva fatalmente rappresentare, la meta del suo ultimo viaggio. Viaggio certificato da un biglietto di andata/ritorno usato solo per metà.
Una vita intera in cui potevano essere acquistati altri biglietti per altre vacanze in altre località, una vita intera in cui potevano esserci altre partenze e altri ritorni, una vita intera in cui potevano esserci altre foto.