Come ampiamente riportato da tutti i media internazionali, nella mattinata del 26 giugno, la Corte Suprema degli Stati Uniti ha sancito che la Costituzione garantisce anche alle coppie dello stesso sesso il diritto di unirsi in matrimonio: si tratta di una storica vittoria per il movimento americano (e non solo) per i diritti omosessuali.
‘‘L’amore oggi vince” ha detto il sindaco di New York, Bill De Blasio, celebrando alcuni matrimoni gay.
La decisione arriva dalla Corte Suprema americana con una sentenza storica che ha stabilito che le nozze anche tra persone dello stesso sesso sono un diritto garantito dalla Costituzione. Finora la questione era stata lasciata ai singoli Stati: 37 quelli che avevano deciso, nel corso degli anni, di legalizzare le nozze omosessuali mentre erano vietate in altri 13 stati americani.
Il presidente Obama, che all’inizio della sua carriera era scettico sui matrimoni gay, ha celebrato la sentenza parlando nel giardino della Casa Bianca: “Gli Stati Uniti sono basati sull’uguaglianza fra i loro cittadini. Grazie a questa decisione, oggi siamo una unione migliore”.
La sentenza, espressa ieri, ha visto 5 giudici favorevoli e 4 contrari. Il voto decisivo è stato quello di Anthony Kennedy, un conservatore nominato dai repubblicani, che però in questo caso si è unito ai quattro colleghi liberal.
Spiegando la sua posizione, Kennedy ha scritto che la Costituzione americana garantisce l’uguaglianza di tutti i cittadini, e quindi non era più possibile “condannare gli omosessuali a vivere in solitudine, negando loro l’accesso ad una delle istituzioni più antiche della nostra civiltà”. I quattro giudici conservatori hanno pubblicato quattro risposte, in cui sostengono che decidere la questione dei matrimoni gay non toccava a loro, ma ai politici, e quindi è la democrazia stessa che soffre per il meccanismo con cui si è arrivati alla loro legalizzazione.
A doversi adeguare sono stati dunque ben 14 Stati. L’amore vince dopo anni di battaglie di attivisti e normali cittadini che hanno chiesto di vedersi garantito solo il diritto alla dignità.