Il museo del conservatorio di San Pietro a Majella è una meravigliosa scoperta ubicata all’interno dell’omonimo conservatorio di Napoli, accessibile tramite i chiostri, che custodisce un’importante esposizione di strumenti musicali antichi appartenuti ad illustri personalità della composizione e dell’opera.
Dallo scalone monumentale accessibile dal secondo chiostro, si giunge ai piani superiori, nei quali vi sono l’archivio storico, la biblioteca ed il museo del conservatorio, contenente strumenti antichi e preziosi come una dei tre unici esemplari di arpetta in legno di pioppo costruita da Antonio Stradivari, o gli splendidi archi, violini, violoncelli e viole, molti dei quali costruiti nella prestigiosa scuola napoletana di liuteria della storica famiglia napoletana dei Gagliano, o gli strumenti a fiato e i plettri rilucenti di intarsi di madreperla; o ancora gli strumenti a tastiera, come il pregiato fortepiano, il cembalo di Caterina II di Russia, i pianoforti di Mercadante e di Thalberg, le arpe Sébastien Érard, un clavicembalo del 1636 di Andreas Ruckers, il pianoforte di Domenico Cimarosa e Giovanni Paisiello e numerosi altri strumenti.
Né mancano cimeli storici, testimonianze spesso commoventi della presenza, negli antichi orfanotrofi, prima, nel Conservatorio di San Pietro a Majella, poi, di artisti eccezionali.
Ed ancora la preziosa quadreria con i ritratti dei celebri compositori della scuola napoletana.
“Fortepiano” SECOLO XIX.
All’inizio del XIX secolo la passione dilagante per il pianoforte (o “fortepiano”, come oggi si preferisce chiamare gli esemplari dell’epoca) spinse ad inserire strumenti di dimensioni ridotte ( o addirittura in miniatura) all’interno di tavoli, scrittoi e mobili di varia destinazione. Quella qui esposta è forse la tipologia più conosciuta, dotata di un cassetto porta-oggetti destinato con tutta probabilità ad arnesi da cucito.
Arpa a 43 corde e sette petali. Modello cosidetto “greco”.
Costruita secondo Ettore Santagata, “appositamente per il R. Collegio di Musica“, questa arpa a 43 corde e sette pedali, è del modello cosidetto “greco” a doppio movimento, innovazione questa dovuta proprio al costruttore francese Sébastian Erard, che consente il raggiungimento di tre diverse posizioni e quindi la possibilità di ottenere tre suoni differenti per ciascuna corda. Ifratelli Erard svolsero l’attività di costruttori di fortepiani e di arpe a Parigi sin dalla fine del secolo XVIII e dal periodo della rivoluzione, furono attivi anche a Londra. Lo strumento appartiene al periodo londinese ed è databile agli anni ’20 dell’Ottocento.
Strumento portatile con tre piedi cassa armonica triangolare
Strumento portatile, con tre piedi, dalla cassa armonica triangolare in legno di mogano; provvisto di sedici corde di budello, produce il suono se sottoposto all’azione di una corrente d’aria, la cui forza determina la diversa produzione di suoni. Dopo alcune citazioni medievali, uno strumento a corde mosse dal vento viene menzionato da Giovanni Battista Porta, attivo a Napoli nel 1558. Da allora numerose saranno le citazioni di questo suggestivo strumento, che ottenne un indiscusso successo nella prima metà del XIX sec., epoca cui risale l’esemplare anonimo qui esposto.
Corno semplice a tre cilindri e tre ritorte.1870
Corno semplice a tre cilindri e tre ritorte, con campana stretta con anello decorato sul bordo. E’ possibile farne risalire la datazione al 1870. Leopold Uhlmann fu uno dei più prolifici costruttori viennesi di ottoni a partire dal 1830, divenendo ben presto anche uno dei maggiori esportatori. Lo strumento si ritiene appartenuto a Giuseppe Rossini (1764-1839), padre di Gioacchino, nonostante il marchio rimandi ad un periodo un po’ troppo tardo rispetto all’età del celebre, presunto proprietario.
Organo positivo con sette registri
Organo positivo con sette registri (Principale, VIII, XV, XIX, XXII, Voce Umana, Flauto in XII), il tiratutti a pomello, uccelleria di n.4 canne e zampogna.
Le prime otto canne dell’VIII e del Principale sono in legno di castagno.
Tastiera in abete con coperte dei diatonici in bosso e cromatici in noce tinto con coperta di ebano. La facciata è a tre campate di 7/5/7 canne del registro di principale.
Lo strumento, giunto ai giorni nostri in ottimo stato di conservazione, è opera di una delle più note famiglie organare che dal capostipite, Felice, fino al nipote, Francesco, hanno attraversato tutta l’epoca d’oro della celebre arte organaria napoletana.
Elemento che contraddistingue tutti i manufatti dei Cimino, è la presenza delle iniziali F C riprodotte prevalentemente sulla canna centrale di tutti i loro organi.
Questo aspetto auita a determinare la famiglia organara, ma non sempre l’esatto artefice, essendo Felice, il nome capostipite e Fabrizio e Francesco rispettivamente il figlio ed il nipote. Continuità di iniziale, rotta con tutta probabilità con Antonio e Alessandro Cimmino, organari attivi nel XIX secolo e probabili discendenti di Francesco. L’esatta determinazione, come in questo caso, nasce dalla presenza della data sulla tavola di riduzione.