C’era una volta il Mirto, uno stabilimento balneare capace di conquistare, fin da subito, un ruolo di rilievo nell’ambito della movida porticese.
Solarium, location nella quale darsi appuntamento dinanzi ad un refrigerante aperitivo ed, ovviamente, meta gettonatissima del popolo della notte, complice l’eterogenea e versatile proposta offerta in materia d’intrattenimento al calar del sole: dalle serate latine alla “classica” disco music e finanche capace di adattarsi a ristorante per consegnare la comoda e mai disdicevole opportunità di cenare accarezzati dal mare, senza costringere i residenti dell’area vesuviana a sobbarcarsi traversate di stressante traffico per beneficiare del romantico idillio estivo peculiare della stagione più calda dell’anno.
Un incipit incoraggiante e che lasciava presagire che il Mirto fosse destinato a consacrarsi come saldo punto di riferimento per gli avventori del sempre affollatissimo porto del granatello.
Invero, lo scorso anno, un violento nubifragio “spezzò” le ali ai sogni di gloria danneggiando notevolmente la terrazza del locale. Dopo il danno sopraggiunse la beffa: al locale vennero apposti i sigilli in virtù di taluni abusi edilizi.
Un vortice di avversità che sembravano giunte al capolinea, allorquando la burocrazia aveva terminato il suo corso e i proprietari avevano ottenuto il nullaosta per rimuovere i sigilli e quindi il locale si apprestava a riaprire i battenti.
Invece, inaspettatamente, è giunta l’ennesima stangata: un incendio, divampato in circostanze ancora tutte da accertare, ha distrutto il locale, disintegrando la struttura, oltre che le premesse indispensabili per andare incontro ad un’estate da ricordare, in positivo.
Negli anni in cui era “in vita”, ad onor del vero, il Mirto ha subito più di una volta vari tipi di controlli che sono poi culminati nell’ordinanza di sequestro per abuso edilizio sopraggiunta lo scorso Ottobre.
Al quale, però, pesantemente si addiziona un incendio divampato in pieno giorno, intorno alle 12 e in circostanze alquanto strane.
Le prime illazioni alloggiavano intorno all’ipotesi che un possibile corto circuito potesse aver generato l’incendio, sebbene gli inquirenti, fin da subito, non abbiano escluso nessuna pista.
L’ironia del “destino”, per giunta, vorrebbe che l’incendio divorasse la struttura nello stesso giorno in cui avrebbero dovuto aver luogo i lavori di restyling del locale, dopo la chiusura forzata.
Gli indizi che fin da subito hanno legittimato l’ipotesi del dolo, pertanto, erano apparsi innumerevoli, ancor più agli occhi di chi ha assistito all’avanzare delle fiamme che hanno quasi completamente distrutto il locale, non intaccando minimamente il Geko, ovvero, la struttura adiacente che non è stata per nulla coinvolta nell’incendio.
Il ritrovamento di tracce di benzina, in particolare nella zona dove erano disposti i bagni, “il punto debole” che rendeva facile l’accesso al locale senza essere notati ha fugato ogni dubbio: si è trattato di un incendio doloso.
Gli inquirenti continuano ad indagare per lasciar emergere i dettagli che potrebbero portare finalmente alla verità, ma ancora non è stato ufficialmente diramato alcun identikit dell’artefice del misfatto. Senza dubbio, chi ha appiccato le fiamme, ha palesato una sicura padronanza della struttura: sapeva come agire e in quale punto colpire per farlo con discrezione.