All’indomani della strage di Charleston (Carolina del Sud), il presidente Obama non se la sente di spendere le solite parole di cordoglio per i familiari delle nove persone afroamericane uccise in chiesa dalla follia omicida di un ventunenne armato di una pistola calibro 45, ricevuta come regalo di compleanno.
Il volto e le parole del Presidente degli Stati Uniti fanno trasparire tutta la preoccupazione e il dolore legato a questa vicenda: effettivamente è difficile decidere se spaventa di più la lucida follia di Dylann Storm Roof, le sue teorie razziste proclamate nero su bianco sul sito che personalmente curava, la questione delle armi facilmente accessibili a quasi tutti i cittadini americani maggiorenni oppure il fatto che, in America più che in altri Paesi, le stragi nelle scuole oppure in altri luoghi pubblici siano drammaticamente frequenti.
Si pensi all’ultima in ordine di tempo: 26 persone, tra cui 20 bambini dai 5 ai 10 anni, nella scuola elementare di Sandy Hook nel Connecticut.
E’ impressionante la freddezza di Dylann Roof davanti al giudice che dovrà stabilire la sua condanna. D’altra parte il ventunenne, arrestato dall’FBI neanche dodici ore dopo il massacro, ha mostrato la sua imperturbabilità sia prima che dopo aver freddato le sue nove vittime.
Il racconto di una sopravvissuta alla strage parla di Roof che, entrato in chiesa prima della funzione religiosa, si è fatto indicare il pastore della chiesa – un membro democratico del Senato della South Carolina- Clementa Pinckney ed è rimasto in silenzio, tranquillo e composto, fino alla fine della lettura della Bibbia, dopodichè ha gridato insulti contro “i negri” che minacciano il suo Paese e ha iniziato a sparare, uccidendo sei donne e tre uomini. Un bambino lì presente è rimasto illeso solo perchè, per la paura, si è disteso accanto ai cadaveri insanguinati.
Dopo la strage, il giovane omicida si è preoccupato di aggiornare la sua pagina internet per fornire – giammai scuse- ma “An explanation”, una spiegazione: “Ho scelto Charleston, perché è la città più storica nel mio Stato, e nello stesso tempo la percentuale più alta di neri rispetto ai bianchi nel Paese. Qui non abbiamo skinheads, nessun vero KKK, nessuno fa niente se non parlare su Internet. Ebbene qualcuno doveva avere il coraggio di fare qualcosa di reale, e credo che toccherà a me“.
Roof ha continuato scrivendo circa le sue teorie razziste sulle persone di colore che vanno fisicamente eliminate in quanto inferiori per intelligenza e impure rispetto alla razza bianca e l’unica cosa di cui si è scusato sono stati gli eventuali errori di battitura.
Teorie, quelle espresse da Roof, che poi sono riemerse nei racconti al Washington Post dei coetanei che lo conoscevano. Una strage premeditata e annunciata, purtroppo.
Questa tragica vicenda riapre l’annosa questione del porto d’armi negli USA: è impensabile che una pistola possa essere lasciata tra le mani di persone palesemente psicologicamente instabili e socialmente pericolose come Dylan Roof.
Il presidente Obama da una parte afferma: “Non sappiamo se la riforma avrebbe impedito ciò che è accaduto a Charleston perché nessuna riforma può garantire l’eliminazione della violenza. Però forse potremmo avere con noi qualche americano in più. Potremmo aver fermato un killer, qualche famiglia potrebbe essere ancora integra. Forse tutti voi avreste assistito a qualche funerale in meno”; d’altra parte però sente la necessità di aprire un dibattito che cambi la legge costituzionale sul porto d’armi e che ciò va fatto nel minor tempo possibile.
Intanto nella chiesa di Charleston teatro della strage si è tenuta ieri sera una veglia di preghiera per le vittime e oggi le normali funzioni religiose, sebbene sotto uno strettissimo controllo da parte delle forze dell’ordine. Il timore più grande in tutto il Paese, attualmente, è il pericolo di atti di emulazione del folle gesto dell’omicida ventunenne.