La Giornata internazionale del rifugiato, indetta dalle Nazioni Unite, viene celebrata il 20 giugno per commemorare l’approvazione nel 1951 della Convenzione sui profughi (Convention Relating to the Status of Refugees) da parte dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite.
Giornata che con molta retorica, è celebrata in tutto il mondo, senza però passare dalla parola ai fatti.
Lampedusa, che storicamente è la prima ancora di salvezza nel mediterraneo, essendo la più vicina e per questo la più facilmente raggiungibile, nella giornata di ieri, ha voluto lanciare un segnale molto forte nei confronti di chi predica bene e razzola male.
Uno striscione all’uscita dell’aeroporto di Lampedusa ha accolto i turisti sbarcati sull’isola, con questa questa frase: “20 giugno 2015. Lampedusa celebra la giornata del rifugiato. 365 giorni l’anno”.
L’iniziativa è di un nutrito gruppo di cittadini, da qualche mese riunito nel Forum solidale di Lampedusa, che vuole in questo modo evidenziare che l’impegno ad accogliere dignitosamente chi è costretto a fuggire dal proprio Paese deve essere costante, personale e non delegabile esclusivamente alle associazioni che gestiscono il sistema dell’accoglienza e alla politica.
“Ognuno e ognuna può e deve fare esattamente quello che vorrebbe venisse fatto per noi e per i nostri figli se fossimo costretti ad abbandonare le nostre case e le nostre sicurezze“, dice Marta Bernardini, operatrice del progetto Mediterranean hope, della Federazione delle chiese evangeliche in Italia, che ha aderito all’iniziativa; “ma al contempo continuiamo a chiedere all’Europa e alle Nazioni unite l’immediata apertura di corridoi umanitari che consentano a queste persone di raggiungere in maniera legale e sicura il paese che essi scelgono per richiedere asilo“.
Alle 21 sul corso principale di Lampedusa i partecipanti all’iniziativa hano letto poesie, lettere e storie che raccontano le vite dei migranti, i loro sogni e le loro speranze.
Il diritto di asilo è un diritto umano fondamentale riconosciuto dalle Convenzioni internazionali e dalla Costituzione italiana. L’Onu conta che sono 60 milioni le persone in fuga dalla guerra.
Gente che non ha più nulla nel proprio Paese di origine e pur di scappare da una morte certa affronta lunghi viaggi dagli esiti incerti. L’unica motivazione che è rimasta è la sopravvivenza, l’stinto primordiale che costringe l’uomo a prove assurde.
Vedendo le immagini dei barconi, della miseria, di queste donne che in piena gravidanza affrontano lunghi viaggi in mare bisognerebbe chiedersi, per annullare le distanze e le polemiche: e se fossi io?